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Amiloidosi: una patologia ancora sottostimata

Il termine AMILOIDOSI raggruppa diverse patologie accomunate dall’accumulo in sede extracellulare di materiale proteico fibrillare definito Amiloide, termine utilizzato per descrivere una sostanza omogenea e amorfa in microscopia ottica; al microscopio a luce polarizzata, l’Amiloide appare bi-rifrangente, dopo colorazione al rosso congo, assumendo un aspetto verde-mela, mentre dimostra una struttura fibrillare al microscopio elettronico e una caratteristica configurazione a foglietto b-ripiegato all’esame a diffrazione con raggi X.

Possono essere distinte due forme: una localizzata (tipica della senescenza o di pazienti diabetici) e una sistemica (caratterizzata da depositi di amiloide estesi in diversi organi e che riconosce un’origine neoplastica, infiammatoria, genetica o iatrogena).

L’Amiloidosi è quindi un’alterazione del metabolismo e della conformazione delle proteine, nella quale diverse proteine autologhe, tra loro non correlate, si aggregano  in fibrille che si depositano nei tessuti. Essa è quindi una sindrome clinica caratterizzata da disordini della struttura secondaria delle proteine, nelle quali un precursore proteico presente nel siero si deposita nei tessuti di vari organi, arrivando a comprometterne la funzione.

L’Amiloidosi è una malattia sistemica rara, con incidenza di circa 8 casi/milione/anno ed età media alla comparsa sui 65 anni con prevalenza dei maschi. I depositi di Amiloide sono alla base di diverse condizioni rare che oltretutto mettono alla prova le capacità diagnostiche del medico. L’Amiloide si presenta con struttura beta fibrillare resistente alla proteolisi. Questi depositi creano aumento di volume della struttura in cui si verificano e causano grave danno irreversibile in parenchimi quale rene, fegato, cuore. E’ da osservare però che anche piccole fibrille Amiloidogeniche spesso si dimostrano tossiche per cellule dei suddetti parenchimi.

Il danno degli organi colpiti è progressivo e passa da un’iniziale reversibilità a una compromissione più grave e il successo della terapia dipende dalla precocità e dall’accuratezza della diagnosi.

La forma più diffusa da un punto di vista ematologico è la forma AL, derivata da Discrasia Plasmacellulare.

Essa si origina da catene immunoglobuliniche leggere aberranti o da loro frammenti; esse possono produrre depositi di amiloide praticamente in ogni organo eccezion fatta per il parenchima cerebrale. Responsabile del fenomeno di Amiloidogenesi è la struttura biochimica delle catene, come dimostrato dal fatto che l’iniezione nell’animale di Proteine di Bence-Jones purificate da urine di soggetti con Amiloidosi, crea Amiloidosi. In soggetti con MGUS e nel Mieloma il rapporto tra catene pesanti e leggere (k-lambda) è di 2:1 mentre nell’Amiloidosi predominano le catene leggere con rapporto di 1:3. E’ da premettere che questo tipo di Amilodosi compare il più delle volte in assenza di una vera e propria malattia linfoproliferativa, ma è dovuto a piccoli cloni secernenti che non presentano tendenza a sviluppare Mieloma, mentre in alcuni casi costituisce complicanza del Mieloma.

Quando le subunità di proteina Amiloide sono sottoposte a studi di sequenziamento aminoacidico, si nota che la principale componente dei depositi AL è la regione variabile della catena leggera e meno frequentemente parti della regione costante. Ciò è all’origine di possibili errori di valutazione dell’Immunofissazione per l’utilizzo di antisieri commerciali diretti solo contro la regione costante delle catene leggere e non con buona parte dei componenti dell’Amiloide.

I sintomi di un paziente riflettono l’organo o più organi maggiormente coinvolti, anche se l’esame istologico rileverà un certo grado di deposizione di Amiloide ubiquitariamente. Il sito di deposizione può dipendere dal concorso di diversi fattori che favoriscono la formazione di fibrille, quali un’elevata concentrazione locale di proteine, un basso pH, il verificarsi di trasformazioni proteolitiche, la presenza di “semi” fibrillari.

L’Amiloidosi Renale di solito si manifesta come proteinuria, talvolta costituita quasi esclusivamente da catene leggere, talaltra con i caratteri della sindrome nefrosica anche grave. Raramente si presenta come progressiva insufficienza renale, e anche in presenza di un marcato aumento della concentrazione della creatinina sierica, l’ipertensione è poco frequente.

La Cardiopatia Amiloidotica riconosce una massa cardiaca notevolmente aumentata e un ispessimento del setto interventricolare. L’insufficienza cardiaca congestizia, di solito a rapida insorgenza e progressiva, può essere preceduta da anomalie elettrocardiografiche asintomatiche; l’Ecocardiogramma generalmente rivela un ventricolo sx concentricamente ispessito (e spesso anche il dx) con cavità da normali a piccole e una frazione di eiezione ai valori bassi della norma o lievemente depressa.

La Neuropatia Autonomica e la Neuropatia Sensoriale sono relativamente comuni. E’ spesso riferita una storia di sindrome del tunnel carpale che può precedere le altre caratteristiche della malattia di circa un anno o più e danneggiare il nervo mediano, con marcata ipotrofia dei muscoli della mano. La disfunzione del sistema nervoso autonomo può essere grave, con conseguente ipotensione posturale sintomatica, impotenza, disturbi della motilità intestinale.

Per quanto riguarda i sintomi digestivi, il tratto gastrointestinale è spesso infiltrato di amiloide che può generare emorragie pericolose per la vita; l’epatomegalia è un reperto comune mentre la splenomegalia è rara.

L’infiltrazione vascolare risulta in facili ecchimosi, che caratterizzano la porpora periorbitale spontanea, a volte provocata  da piccoli traumi quali starnuti o sfregamenti degli occhi. La macroglossia è un sintomo classico e si verifica nel 20% circa dei pazienti.

L’Amiloidosi Polmonare raramente provoca sintomi.

I segni maggiormente presenti al momento della diagnosi sono l’astenia e il dimagramento, quindi del tutto aspecifici. L’astenia, non essendo legata ad anemia o distiroidismo, può essere interpretata come funzionale. Comuni anche la proteinuria significativa senza insufficienza renale e la miocardiopatia congestizia.

Nell’Amiloidosi il senso di “testa leggera” è frequente, dovuto a contrazione del volume plasmatico che tipicamente si verifica nei pazienti con nefrosi, con conseguente abbassamento della pressione oncotica e riduzione del volume plasmatico. Nei pazienti con Amiloidosi Cardiaca questo sintomo è ancora più comune a causa della ridotta gittata sistolica e dell’ipotensione ortostatica.

I segni fisici associati con l’Amiloidosi, quali l’ingrossamento della lingua, il gonfiore sottomandibolare e la porpora facciale, sono riscontrabili in non più del 15%. Quindi, sebbene essi siano relativamente specifici, non sono indici sensibili. Un importante segno fisico nei pazienti con Amiloidosi cardiaca è il turgore giugulare a 30°, dovuto all’insufficienza restrittiva del ventricolo destro; questo reperto può essere presente anche prima della dimostrazione ecocardiografica di disfunzione diastolica caratteristica della malattia con ipertrofia concentrica con complessi a basso voltaggio all’ECG e un incremento dell’NTproBNP in assenza di malattia primitiva cardiaca. Alcuni pazienti presentano pseudoipertrofia dei muscoli scheletrici (segno della spalla pad) o una sindrome che ricorda l’arterite temporale con claudicatio mandibolare, dovuta ad occlusione dei rami dell’arteria temporale da parte dei depositi di amiloide. Spesso i pazienti lamentano segni di secchezza delle fauci per infiltrazione delle ghiandole salivari minori.

Considerato che sia l’anamnesi, sia la sintomatologia e l’obiettività fisica sono aspecifici e di non costante rilievo, non è del tutto chiaro quando debba sorgere il sospetto che impone determinate procedure diagnostiche. Si può tuttavia affermare che esistono quattro situazioni in cui l’Amiloidosi deve entrare come diagnosi differenziale, ovvero:

* proteinuria in quantità simile alla sindrome nefrosica;

* insufficienza cardiaca o astenia secondarie a miocardiopatia restrittiva;

* epatomegalia senza altre cause;

* neuropatia periferica idiopatica.

In presenza di uno o più di questi sintomi l’Amiloidosi può essere sospettata imponendo l’esecuzione l’immunofissazione o l’immunoelettroforesi su siero e urine.

In un terzo dei pazienti le catene leggere monoclonali non sono dimostrabili all’elettroforesi del siero perchè presenti in quantità esigue. Più appropriata è l’immunofissazione di siero e urine che evidenzia un picco monoclonale in oltre il 90% dei casi.

Se in un paziente con sintomatologia clinica compatibile con Amiloidosi si dimostra una componente monoclonale, si rende necessaria la biopsia per confermare la diagnosi. Essendo una malattia sistemica con prevalenza di depositi vascolari, non è generalmente necessario il prelievo di un frammento di organi profondi.

Certamente è possibile confermare la diagnosi con l’esame istologico di rene, endomiocardio, nervo o fegato, ma è più semplice il prelievo di gengiva, ghiandola salivare minore, mucosa rettale, midollo emopoietico o grasso sottocutaneo periombellicale, purché si eseguano le opportune colorazioni. Questa ultime risultano positive nel 70-80% dei casi.

Un cenno meritano anche altre forme di amiloidosi più rare che possono tuttavia essere diagnosticate,

°AMILOIDOSI EREDITARIE

Si tratta di forme causate da alterazioni ereditarie di geni responsabili della produzione di alcune proteine, che conferiscono loro la capacità di formare depositi di amiloide. In Italia le due firme di Amiloidosi ereditaria più comuni sono causate dalla proteina Transtiretina (ATTR) e apolipoproteina AI (AApoAI). Gli organi che possono essere coinvolti sono il cuore e i nervi che trasmettono la sensibilità dai piedi e dalle mani e quelli che regolano la pressione arteriosa nella forma da Transtiretina, il fegato, il rene, il cuore nella forma da apolipoproteina AI.

La diagnosi si basa sull’analisi del DNA, che rileva le alterazione dei geni responsabili. Negli ultimi anni sono stati fatti molti progressi nella terapia di queste forme ereditarie, in particolare nelle forme da Transtiretina in cui i pazienti eleggibili possono essere trattati con un trapianto di fegato.

° AMILOIDOSI REATTIVA AD INFIAMMAZIONE

Persone che hanno un’infiammazione di lunga durata (per esempio sostenuta da malattie reumatologiche o da infezioni) sono a rischio di sviluppare Amiloidosi reattiva (AA) che è causata da una proteina prodotta dal nostro organismo come risposta all’infiammazione, la “sieroamiloide A” (SAA) e che interessa quasi sempre i reni con perdita di proteine nelle urine. La terapia di questa forma di Amiloidosi si basa sul controllo della malattia che causa l’infiammazione. E’ possibile misurare la SAA nel sangue e l’efficacia della terapia si controlla documentando la diminuzione dei valori della SAA

° AMILOIDOSI SENILE

E’ causata dalla forma normale (detta wild type) di una proteina, la Transitiretina, che nell’arco di un lungo tempo è in grado di formare depositi di amiloide. Questa forma è molto più comune nei  maschi e può comparire già dopo i 60 anni, ma diventa più frequente dopo gli 80 coinvolgendo il cuore.

La sopravvivenza mediana per pazienti con Amiloidosi è compresa tra 2 e 3,8 anni in rapporto alla tempestività della diagnosi e soprattutto alla gravità del coinvolgimento cardiaco.

Stadio I    ° NT-pro-BNP < 1800 ng/l

                ° Troponina T cardiaca < 0,025 microg/l

                ° Diff tra catene leggere libere

                   coinvolte e non <18 mg/dl

Stadio II    Un fattore di alto rischio

Stadio III   Due fattori di rischio alti

Stadio IV   °NT-pro- BNP > 1800 ng/l

                   °Troponina T cardiaca > 0,025 microg/l

                   °Diff cat. leggere libere coinv e non > 18 mg/dl

La terapia va differenziata per le varie forme di amiloidosi, tenendo conto delle patologie sottese, dell’età e della tossicità dei trattamenti.

Nel caso di AMILOIDOSI AL, specie in paziento con malattia avanzata o con compromissioni d’organo importanti, il trattamento può prendere in considerazione l’uso di melphalan e desametasone (M-dex) come nelle forme classiche di gammopatia monoclonale. L’uso del melphalan e.v. ad alte dosi seguito da infusione di cellule staminali periferiche è considerato il trattamento più efficiente ma va riservato a pazienti selezionati con età < 65 anni, normale troponina cardiaca, frazione di eiezione ventricolare sx > 45%, pressione sistolica > a 90 mmhg, capacità di diffusione polmonare del monossido di carbonio > 50%, performance status 0-2, clearance della creatinina > 50 ml/min.

L’uso della thalidomide (da sola o in combinazione con cortisone) non è scevro da complicazioni anche severe mentre son ancora in fase di sperimentazioni protocolli con lenalidomide e bortezomib.

Nel caso delle forme legate ai quadri di AMILOIDOSI SAA, la possibilità di curare le forme infiammatorie di base e di ridurre le forme di SAA ha drammaticamente migliorato la sopravvivenza di questi pazienti. Tra le opzioni terapeutiche vanno annoverati gli anticorpi monoclonali (Rituximab nel caso di cloni CD20+) e inibitori di citochine mediatrici dell’infiammazione

Nelle forme EREDOFAMILIARI, la terapia è solo sintomatica a parte le possibilità di trapianto per sostituire organi compromessi o produttori di proteine amiloidogeniche.

Dott. Pietro Falco
Specialista in Ematologia Clinica
Master in Terapia del Dolore
Master in Ecografia Clinica

Co-responsabile Centro Trombosi F.C.S.A. “Centro Medical Pontino” di Latina
Specialista Ematologo Ospedale Israelitico di Roma.
Specialista Ematologo Poliambulatorio “Fisiomed” di Priverno (LT)

foto.dott.falco

 

 

 

 

 

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