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Aspetti storico-filosofici dell’omeopatia

Prima di entrare nel cuore dell’argomento, è d’obbligo una breve introduzione sull’Omeopatia. In Europa, la fine del XVIII secolo fu caratterizzata da forti problematiche per la medicina istituzionale e tre sistemi filosofici vennero ad imporsi nell’ambito medico. Un pensiero meccanicistico che si basava su spiegazioni chimico-fisiche, un pensiero animistico secondo il quale la psiche rappresentava l’unità di tutto l’organismo e un pensiero di estremismo radicale che tendeva ad esaltare qualsiasi nuova dottrina. In realtà, tali teorie, non rappresentarono cure effettive per il paziente e fu proprio in questo periodo convulso che ebbe origine l’Omeopatia quale innovazione del pensiero terapeutico e scientifico. Il suo fondatore, un medico, il dr. Samuel Hahnemann, dotato di forte senso della missione professionale e sociale, promosse la svolta con la Teoria della Similitudine applicata alla terapia. Il termine Omeopatia utilizza due radici greche: homios (simile) e pathos (sofferenza); l’insieme dei due termini significa sofferenza simile. Il nuovo sistema concepisce l’organismo come unità di psiche e corpo che basano la loro azione sull’energia vitale. L’ omeopatia e la sua concezione energetica rappresentano una filosofia così totalizzante e originale da richiedere lunghi studi e meditazioni, anche e soprattutto interiori, perchè venga compresa a fondo per sfruttarne realmente tutte le potenzialità. Hahnemann era un vitalista ed i suoi concetti filosofici sono sempre stati una protesta contro il materialismo medico. Le sue leggi professano l’esistenza di un’ energia vitale che anima l’organismo e di un principio vitale simile, o forza intrinseca, in ogni medicinale. Nella fisiologia di Hahnemann, l’uomo si presenta costituito da uno spirito e da un corpo materiale connessi tramite la forza vitale, da lui chiamata Dynamis. Hahnemann scoprì che la malattia è un disturbo della forza vitale e che in tutte le sostanze esiste una forza curativa che può essere trasferita in un mezzo inerte.  In sostanza, l’omeopatia cura il simile con il suo simile; a dosi molto diluite, sostanze ricavate da piante, minerali ed estratti animali, in un soggetto sano, a dosi normali, producono gli stessi effetti della malattia. Per stimolare questa capacità di autoguarigione, occorre somministrare le stesse sostanze che hanno provocato il disturbo (Principio della Similitudine). Più la sostanza è diluita, più agisce in profondità riducendo anche gli effetti tossici. Successivamente, il flacone viene agitato vigorosamente per creare nuovi legami tra le molecole d’acqua e la sostanza originale del rimedio. Tale processo si chiama dinamizzazione. In questa sede non parleremo ancora delle proprietà curative vere e proprie dei rimedi omeopatici e delle patologie verso le quali sono più indirizzati. Ci siamo soffermati e concluderemo con gli aspetti basilari di questa dottrina in modo da inquadrare la sua reale collocazione. Infatti, le attuali normative della Farmacopea Italiana considerano il rimedio omeopatico un medicinale a tutti gli effetti per ciò che riguarda la distribuzione, la scadenza e la pubblicità, rappresentando una grossa garanzia per gli utenti. Tutto ciò si evince a partire dal Decreto legislativo n. 185 del 1995 fino alla Delibera del Maggio 2002 che considera come atto medico la somministrazione di omeopatici recitando: “chiunque prescriva una sostanza omeopatica senza essere medico, è perseguibile legalmente per abuso della professione”. D’altra parte, però, i medicinali omeopatici sono praticamente di libera vendita; ciò lascia aperta la possibilità che essi vengano prescritti o consigliati anche da persone che non sono medici. Purtroppo, tale situazione, rimane ad oggi una delle tante contraddizioni legislative impedendo  a questa disciplina di collocarsi in modo più importante ed adeguato nel nostro panorama del farmaco.

Dott.ssa Maria Spataro
Farmacista

Farmacia Dott.ssa Maria Spataro
Via Prenestina 206 – Roma
www.farmaciaspataro.it

foto.MARIA SPATARO

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