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Che cos’è la Commozione?

Che cos’ è la Commozione?
un’ipotesi cognitivo-evoluzionista

La commozione caratterizza alcuni “momenti di incontro”, caratterizzati da una profonda compartecipazione e condivisione del significato dell’esperienza soggettiva.

Questi momenti di incontro non si verificano soltanto tra noi e gli altri, ma spesso costituiscono un’opportunità di incontrare noi stessi: la commozione annuncia un’occasione di “sintesi personale”.

Partiamo da una definizione di commozione (muovere con, muovere insieme): è’ un sentimento intenso, benevolo e amorevole (di compassione, tenerezza, pietà, ammirazione) che può suscitare il pianto. La peculiarità della commozione è che le lacrime possono affiorare anche in situazioni che non sono tristi o dolorose. A volte abbiamo gli occhi lucidi per la gioia, o proviamo un sentimento misto di tristezza e felicità. Difatti, a volte non sappiamo dire perché stiamo piangendo!

In altre parole, se è vero che si piange quando si soffre, o quando condividiamo empaticamente la sofferenza di qualcun altro, perché mai ci commuoviamo anche osservando qualcuno che sta bene o che è felice? Perché sentiamo un fondo di contentezza mentre ci si inumidiscono gli occhi?

Bisogna tenere presente che, fin dalla nascita, è parte della nostra natura ricercare la vicinanza protettiva dei nostri simili quando versiamo in condizioni di bisogno, ad esempio quando abbiamo paura, o proviamo un qualche tipo di sofferenza sia fisica sia emotiva. Questa propensione si chiama “attaccamento”, ed è presente in tutte le specie che si prendono cura della prole. Il pianto è un comportamento innato che serve come segnale per i nostri simili, una specie di messaggio universale che significa: “stammi vicino”.

La seconda caratteristica distintiva della commozione (oltre agli occhi lucidi) è una serie di sentimenti di “empatia”, di tenerezza, di compassione, di tenerezza, eccetera. Ebbene, questi sono indicatori emotivi di un’altra tendenza innata, complementare a quella dell’attaccamento, che ci porta a prenderci cura dei nostri simili quando ci appaiono in condizioni di bisogno. Questa propensione si chiama “accudimento”.

Riassumendo, nella commozione sembrano attivarsi contemporaneamente e in modo “istintivo” due ordini di motivazioni di base (o sistemi motivazionali) complementari: una che spinge ad essere empatici e a prendersi cura (accudimento), e l’altra che segnala il bisogno di vicinanza protettiva (attaccamento). In pratica, quando ci commuoviamo ci disponiamo istintivamente sia ad offrire sia a richiedere conforto.

Per capire verso chi siano rivolte queste nostre disposizioni d’animo,  dobbiamo fare appello agli aspetti più sofisticati della nostra umanità: la capacità di attribuire un significato alle cose e di condividere questo significato con gli altri.

Facciamo un esempio. Immaginiamo un visitatore di un museo che osservi un dipinto, ad esempio i famosi girasoli di Van Gogh. Il visitatore del museo ha saputo che l’artista aveva dipinto questo quadro per il suo amico Gauguin. Erano entrambi poveri ed emarginati, e Van Gogh si preoccupava che la stanza del suo amico fosse disadorna, perciò ha pensato di regalargli qualcosa di colorato. Il visitatore si rende conto che la bellezza del quadro racconta una storia di profonda amicizia, di povertà e di generosità, di condivisione della grazia anche nelle avversità. Qualcosa dentro quel visitatore si riconosce in parte nelle sofferenze dei protagonisti, in parte nella loro capacità di affrontare insieme le avversità e trasformarle in qualcosa di bello da condividere: fiori colorati che durano nel tempo. In quel momento, i girasoli diventano un dono personale anche per il visitatore che, a questo punto, si commuove.

Quando ci commuoviamo, sperimentiamo un momento di incontro profondo non solo con l’esperienza soggettiva di un altro essere umano, ma con noi stessi e con la nostra storia personale. Le lacrime affiorano come quando abbracciamo un amico ritrovato, di cui abbiamo sentito la mancanza. E in quell’abbraccio, per qualche istante, ci sentiamo parte di un tutto. Questa è quella che gli studiosi chiamano intersoggettività.

Commovente, no?

Dott. Maurizio Brasini
Psicoterapeuta cognitivo-evoluzionista

Scuola di Psicoterapia Cognitiva di Roma
www.apc.it
Docente Universitario di Psicoterapia Individuale presso L’Università dell’Aquila
www.univaq.it

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