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Graft-versus-Host Disease (GvHD): una complicanza ancora presente

L’idea primitiva di sostituire le cellule staminali emopoietiche midollari prese origine in seguito ad osservazioni del tutto diverse: la prima riguardava l’aplasia midollare mortale che poteva seguire ad esposizione a irradiazioni, in caso di guerra atomica o di incidenti in impianti nucleari civili, o a sostanze chimiche parimenti usate per scopi militari e fortemente tossiche per il midollo (Mostarde Azotate e Solforate), la seconda derivava dalla constatazione dell’impossibilità di guarigione con terapie tradizionali di malattie del midollo, la cui sostituzione avrebbe potuto garantire il successo; si trattava prevalentemente di forme neoplastiche (leucemie, linfomi), ma anche di gravi difetti della sintesi dell’Emoglobina (talassemie ed emoglobinopatie), di malattie immunitarie e di alcune forme di malattie metaboliche. L’applicazione delle tecniche trapiantologiche ha registrato, nel tempo, una progressiva estensione delle indicazioni sino a diventare un trattamento di prima linea già nelle fasi iniziali di alcuni disordini neoplastici. I progressi ottenuti nelle conoscenze biologiche del trapianto hanno inoltre consentito un’estensione di questa procedura a situazioni cliniche non maligne. Tutto ciò è stato reso possibile dalla riduzione della mortalità trapiantologica, dovuta all’acquisizione di esperienze cliniche sempre più consolidate, all’adozione di protocolli farmacologici ridotti che tengano conto delle co-morbilità del paziente, alla maggiore efficacia della terapia di supporto e ad una migliore prevenzione delle complicanze infettive.La possibilità di utilizzare diverse sorgenti di cellule staminali consente poi di offrire un trapianto a quasi tutti i pazienti che lo richiedono. La scelta per quanto attiene il tipo di trapianto dipende dall’indicazione al trapianto stesso, dalla sua urgenza e dall’età del paziente.

Nonostante l’ampia diffusione di questa procedura terapeutica, le complicanze sono ancora presenti e possono ancora rappresentare causa di morte per il paziente.

Tra le complicanze più gravi delle procedure trapiantologiche, annoveriamo sicuramente la GRAFT-VERSUS-HOST DISEASE, che rappresenta una causa rilevante di morbilità e di mortalità. la GVHD è l’espressione di una complessa reazione immunologica delle cellule immunocompetenti del donatore nei confronti dei tessuti ed organi del ricevente. Se ne distinguono due forme: 1) una forma acuta, che generalmente insorge entro i primi 100 giorni dal trapianto, e 2) una forma cronica, che può manifestarsi più tardivamente.

Oltre che per il tempo di insorgenza dal trapianto, le due forme si differenziano per il meccanismo patogenetico, per le manifestazioni cliniche e per l’evolutività.

GVHD ACUTA

Il primum movens, a cui seguono i meccanismi che innescano la reazione immunologica, è il danno tissutale indotto dai regimi chemioterapici eseguiti in preparazione al trapianto.

E’ possibile riconoscere due fasi:

-una FASE AFFERENTE, caratterizzata dalla liberazione da parte dei tessuti danneggiati, specie della mucosa intestinale, di citochine infiammatorie e dall’immissione nel torrente circolatorio di batteri che, liberando molecole lipopolisaccaridiche, rappresentano un potente stimolo proinfiammatorio. Questi fenomeni contribuiscono a mantenere lo stato infiammatorio e il danno tissutale attraverso il reclutamento di cellule proprie della fase infiammatoria acuta, come neutrofili, eosinofili, macrofagi; parallelamente si attivano cellule particolari dette Dendritiche, che normalmente sono destinate all’eliminazione di prodotti di degradazione cellulare, e che, dopo essere migrate in organi linfoidi, dove maturano, attivano i linfociti T del donatore;

-una FASE EFFERENTE, caratterizzata da un’amplificazione della proliferazione linfocitaria, specie dei linfociti T citotossici che contribuiscono alla determinazione del danno tissutale delle cellule bersaglio.

Clinicamente la forma acuta possiede dei caratteri assolutamente peculiari ed è caratterizzata dall’interessamento della cute, dell’intestino, del fegato. Il coinvolgimento della cute si manifesta come un tipico eritema morbilliforme maculo-papuloso, che dalla tipica localizzazione al palmo delle mani e alla pianta dei piedi, si può estendere al volto, al tronco, alle radici e alle superfici degli arti, associato molto frequentemente a prurito e dolore urente e, nei casi più avanzati, a desquamazione e a lesioni bollose. La forma intestinale è caratterizzata dalla presenza di diarrea, in particolare con feci liquide, malassorbimento, perdita imponente di proteine; più recentemente, ai sintomi di inappetenza grave e dolore addominale, anche in assenza di diarrea quantificabile è stato attribuito il significato di GVHD intestinale. La forma ad interessamento epatico determina un danno a carattere tipicamente colestatico, con incremento della bilirubina diretta, delle GGT, della fosfatasi alcalina e, meno frequentemente, dei valori delle transaminasi.

 La diagnosi e la stadiazione della forma acuta della GVHD è quasi esclusivamente clinica e basata sulla quantificazione della entità delle manifestazioni cliniche: estensione dell’eritema, quantificazione del volume della diarrea, livelli sierici della bilirubina. Dalla combinazione dello score ( da + a ++++), ottenuto per ogni singola sede di manifestazione, si ottiene il grado della GVHD (da I a IV), la cui valutazione riveste un’importante valore prognostico ed è determinante per l’inizio della terapia, in quanto correlato con la probabilità di risposta al trattamento e alla sopravvivenza.

Stadiazione della GVHD acuta

Stadio  Cute: Rash   Fegato:Bilirubina   Intestino:Diarrea

    +           < 25%           35-50 mmol/L          500-800 mL

   ++       25-50%       51-102 mmol/L          1000-1500mL

  +++   Eritrodermia  103-255 mmol/L      > 1500 mL

 ++++ E. con bolle      > 255 mmol /L        Dolore addome

Gradazione della GVHD acuta

Grado        Stadio ed interessamento d’organo

   I               Cute: da + a ++; Fegato e intestino: 0

   II              Cute: da + a +++; Fegato e/o intestino: + Lieve         

                    decadimento delle condizioni cliniche

   III             Cute: da ++ a +++; Fegato e/o intestino: da ++ a

                    +++ Moderato decadimento condizioni cliniche

   IV             Cute: da ++ a ++++; Fegato e/o intestino: da ++ a

                    ++++ Scadimento delle condizioni cliniche.

 

Un concetto di fondamentale importanza è che l’incidenza e la severità della GVHD è tanto minore quanto maggiore è la compatibilità donatore/ricevente, essendo praticamente assente il rischio nel trapianto da donatore gemello, mentre più elevato è il rischio nel trapianto da donatore non correlato o parzialmente correlato; inoltre, l’età più avanzata del donatore e del ricevente, il sesso del donatore nella combinazione donatore femmina ricevente maschio, l’intensità del regime di condizionamento, l’impiego di cellule staminali da sangue periferico rispetto al midollo, sono tutti fattori favorenti l’incidenza della GVHD.

Nella gestione della GVHD l’aspetto più importante è la profilassi, peri e post-trapianto, diversificata in funzione della tipologia di trapianto e della fonte delle CSE.

Lo schema post trapianto universalmente più utilizzato è l’associazione della Ciclosporina (inibitore della calcineurina, efficace nel blocco dell’attivazione dei Linfociti T) con il Metotrexate a basso dosaggio, mentre altre combinazioni possibili e validate prevedono l’uso di un altro farmaco inibitore della calcineurina, il Tacrolimus associato al Metotrexate.

La rimozione dall’inoculo della quota totale o parziale di linfociti, attraverso manipolazioni in vivo (T-deplezione) è utilizzata in particolare per le procedure di trapianto da donatore parzialmente compatibile (Aploidentico): tali tecniche si sono dimostrate particolarmente efficaci nell’abbattimento del rischio di insorgenza di GVHD ma sono gravate da un’elevata percentuale di infezioni, per il ritardo nella ricostituzione immunologica, e da una recidiva della malattia.

Le manifestazioni lievi di GVHD acuta spesso non meritano di essere trattate, mentre la GVHD di grado > o = II richiede un intervento terapeutico tempestivo, che consiste in prima battuta nell’uso di cortisone a dosi intermedie: 2 mg/Kg/die per 14 giorni, con graduale e successiva riduzione in base alla risposta ottenuta. Tuttavia, anche se la batteria terapeutica si è progressivamente arricchita negli ultimi anni, fornendo allo specialista Ematologo nuove armi per combattere  tale complicanza, la prognosi dei pazienti con GVHD acuta trattata in seconda linea rimane infausta nell’80% circa dei casi. Tra i trattamenti disponibili, con risultati incoraggianti,  può essere segnalato l’anticorpo monoclonale Infliximab diretto contro il recettore del TNF-alfa, la Fotoferesi extracorporea, e, recentemente, l’uso di cellule mesenchimali, con proprietà immunosoppressive che possono essere somministrate indipendentemente dalla compatibilità istologica.

GVHD  CRONICA

La forma cronica, che insorge dopo i 100 giorni dal trapianto, è una complessa sindrome a patogenesi immunologica che si osserva con un’incidenza variabile dal 5 al 70% nei pazienti trapiantati che aumenta per l’impiego di CSE prelevate da sangue periferico. Di patogenesi meno nota, è caratterizzata da manifestazioni cliniche a carico di molti organi o tessuti: i più frequenti sono la cute e  gli annessi, la mucosa del cavo orale e genitale, la congiuntiva e il tratto gastroenterico, che presentano un sovvertimento strutturale ad impronta fibrotica o atrofica, che ricorda altre malattie ad impronta infiammatoria cronica, come la sindrome di Sjogren e la Sclerodermia; le articolazioni perdono la loro motilità ed elasticità, l’interessamento epatico provoca un danno di tipo colestatico, mentre il coinvolgimento polmonare causa un caratteristico quadro di fibrosi o di bronchiolite obliterante con insufficienza espiratoria ostruttiva.

La GVHD cronica viene distinta in lieve, moderata e grave a seconda di un punteggio diversificato per ogni localizzato.

Il trattamento della GVHD cronica è basato su metilprednisolone (1 mg/kg/die) in associazione o meno alla ciclosporina, mentre in seconda linea, in caso di restenza agli steroidi, si applicano la Fotoferesi extracorporea, il Rituximab (Anticorpo monoclonale anti CD-20), gli inibitori della Tirosinchinasi (Imatinib).

La forma cronica rappresenta una manifestazione relativamente frequente che influenza significativamente la mortalità e la qualità di vita del paziente anche a distanza di tempo dal trapianto. Sia le manifestazioni cliniche sia i trattamenti prolungati, basati il più delle volte sull’impiego di steroidei, espongono il paziente al rischio di una immunodepressione e richiedono quindi un approccio complesso e multidisciplinare.

GRAFT-VERSUS LEUKEMIA

Un cenno merita una reazione di natura immunologica, detta GVL, GRAFT-VERSUS LEUKEMIA, sostenuta dalle cellule immunocompetenti del donatore nei confronti delle cellule leucemiche o tumorali residue del ricevente.

Questa reazione è particolarmente rilevante in quanto consente di superare il limite della resistenza alla Chemioterapia e alla Radioterapia delle cellule leucemiche o tumorali, che diventano bersaglio di una raffinata quanto specifica reazione immunomediata.

In altri termini, il sistema immune del donatore contribuisce alle possibilità di guarigione del paziente esercitando una sorveglianza  immunologica nel tempo nei confronti della malattia ematologica.

L’effetto GVL consente una ridotta incidenza di recidiva di malattia nei pazienti sottoposti a trapianto allogenico che abbiano sviluppato GVHD, in particolare cronica, rispetto a quelli che non la presentano, o ai pazienti sottoposti a trapianto singenico. L’effetto GVL è inoltre alla base della procedura di infusione di linfociti non selezionati del donatore, a distanza dal trapianto, con l’obiettivo di controllare la malattia residua.

Sono attualmente in sperimentazione numerose procedure atte a sviluppare o potenziare la reattività antitumorale del donatore, senza intensificare l’insorgenza di GVHD, attraverso tecniche di manipolazione cellulare e genica.

Dott. Pietro Falco
Specialista in Ematologia Clinica
Master in Terapia del Dolore
Master in Ecografia Clinica

Co-responsabile Centro Trombosi F.C.S.A. “Centro Medical Pontino” di Latina
Specialista Ematologo Ospedale Israelitico di Roma
Specialista Ematologo Poliambulatorio “Fisiomed” di Priverno (LT)

foto.dott.falco

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