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I tempi di normalità esistono

“Buongiorno Dottore”.
“Buongiorno signori, perché siete qui?”.
“Perché il nostro bambino che ormai ha quasi tre anni, non parla, riproduce solo poche paroline di due sillabe, ma ci preoccupa anche perché gioca poco o nulla con gli altri della sua età, e tende a stare sempre da solo”.
“E’ la prima volta che consultate un sanitario per questo problema?”.
“A dir la verità ci eravamo rivolti al pediatra già un anno fa, perché anche allora il nostro bambino non parlava, ma il pediatra ci ha detto di non preoccuparci, perché non tutti i bambini sono uguali, e ognuno ha i suoi tempi. Ma noi ora siamo preoccupati, e di nostra iniziativa siamo venuti da lei, specialista foniatra”.
“E avete fatto bene, perché, ancora prima di vedere vostro figlio, vi dico subito che non è esatto affermare che ognuno ha i suoi tempi. I tempi di normalità esistono, e se non vengono rispettati, significa che qualcosa non sta procedendo nel verso giusto”.
“Noi temiamo che il nostro bambino stia sviluppando l’autismo; ma anche in questo c’è chi ha affermato che a due o tre anni è presto per parlare di autismo”.
“E io invece contesto anche questa affermazione, perché per definizione l’autismo insorge entro i trenta mesi di vita. E’ una definizione che non ho deciso io, ma universalmente riconosciuta e scritta nel nomenclatore ufficiale mondiale delle patologie neurologiche e psichiatriche. Dunque, non si può dire che esista un presto per diagnosticare o almeno ipotizzare una diagnosi di autismo. Anzi, più presto si provvede, soprattutto con la terapia, maggiori possibilità di successo si hanno”.
“Ma come si fa a diagnosticare l’autismo?”.
“La diagnosi di autismo è soprattutto una diagnosi clinica, basata cioè sul riscontro della presenza dei sintomi tipici di questa patologia, quali la mancanza di linguaggio o la sua presenza in forma molto ridotta e distorta; l’evitamento del rapporto con altre persone; la tendenza all’isolamento; la presenza di stereotipie, cioè movimenti ripetuti continuamente e senza un fine; la mancanza di contatto oculare; il ritardo di acquisizione delle autonomie fondamentali; e a volte l’ipersensibilità verso rumori, o luci, o contatti con la pelle; a volte l’impaccio motorio; a volte l’aggressività verso se stessi o verso gli altri.”
“Di tutto ciò che ha elencato, nostro figlio ha tutti i sintomi, tranne l’aggressività. Dunque lo si può considerare nello spettro autistico?”.
“In base a queste premesse, direi di sì; comunque adesso vorrei visitarlo personalmente ed esprimermi con una maggiore disponibilità di informazioni”.
“Che cosa gli farà? In che consiste la visita?”.
“Come vedete non indosso camici o abbigliamento che riporta all’ambiente ospedaliero; adesso mi seggo a terra di fronte a lui e comincio a cercare di interagire, tentando di agganciare il suo sguardo, attirando garbatamente la sua attenzione con un giocattolo o semplicemente toccandogli le mani per poi instaurare un contatto anche fisico; e via via cerco di proporgli qualche verbalizzazione invitandolo a chiamare voi genitori o a ripetere primi semplici modelli verbali… Ovviamente non basterà solo questo, ma comincio a farmi un’idea della situazione, perché se i primi segni sono evidenti, vi suggerirò di portarlo subito in terapia”.
“Ma ci hanno detto che se un bambino non è collaborante non gli si può insegnare a parlare”.
“Altro errore anche questo! Quale bambino di pochi anni di età con un piede o entrambi nell’autismo, risulterebbe collaborante? Sono i terapisti che devono coinvolgerlo e renderlo recettivo al loro intervento, e anche se questo non avviene (almeno apparentemente) bisogna comunque agire, perché solo ciò che viene realizzato nei primissimi anni di vita può sortire effetti concretamente favorevoli”.
“Dunque ci sono speranze per il nostro bambino, che un domani possa parlare e diventare come gli altri?”.
“Più presto si comincia a lavorare, più si lavora, più speranze di recupero ci sono. Ricordatelo sempre, e non date ascolto a chi minimizza il problema e vi invita a rinviare l’inizio di un percorso abilitativo”.
Avete letto il contenuto-tipo di una delle più frequenti situazioni che si verificano quasi quotidianamente nei miei studi di consultazione.

Prof. Massimo Borghese
Specialista in Foniatria
Specialista in Otorinolaringoiatria
Verona Milano Napoli Genève (Suisse)
m.borghese@tin.it
www.massimoborghese.it

foto.dr.m.borghese

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