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Il disturbo da accumulo

IL DISTURBO DA ACCUMULO di Claudia Perdighe e Francesco Mancini

Recensione di Laura Rigobello e Sara Bernardelli

“Quando accumulare diventa un ossessione e una compulsione”

Il comportamento di accumulo compare per la prima volta nel 1980 nella terza edizione del DSM tra i criteri diagnostici del Disturbo Ossessivo Compulsivo di Personalità e resta così nelle successive edizioni (DSM-III-TR, DSM-IV e DSM-IV-TR), con la specifica, nel DSM-IV di considerare la diagnosi di Disturbo Ossessivo-Compulsivo in Asse I quando l’accumulo diventa una condotta particolarmente grave. Nel 2013 con l’uscita del DSM-5 viene riconosciuto come disturbo mentale autonomo e diviene una entità nosografica a se stante classificata tra i disturbi correlati al disturbo ossessivo compulsivo. La crescente attenzione rivolta a questo disturbo porta i clinici e la ricerca ad approfondire scopi, motivazioni, credenze e fattori che influenzano la genesi, l’esordio ed il mantenimento di tale condotta. La caratteristica essenziale è la persistente difficoltà di gettare via o separarsi dai propri beni, a prescindere dal loro valore reale, questa difficoltà è legata ad un bisogno percepito di conservare gli oggetti e al disagio associato a buttarli via. La conseguenza della difficoltà di liberarsi dai propri beni produce un accumulo che congestiona gli spazi vitali fino a compromettere il funzionamento del soggetto in ambito sociale, lavorativo e la sicurezza dell’ambiente in cui vive con un disagio clinicamente significativo. È un disturbo cronico, molto più comune di quanto si immagini (Gilliam, Tolin, 2010) ed oltre ad avere un forte impatto sull’individuo che ne è affetto le evidenze dimostrano che rappresenta un serio problema per la salute pubblica, in termini di occupazione, spesa sanitaria e utilizzo dei servizi pubblici (Tolin, Frost, Steketee, Gray et al., 2008).

Perdighe e Mancini (2015) autori del primo contributo italiano sull’argomento offrono nel loro testo la possibilità di esplorare questo disturbo nella sua completezza mettendone in luce le evidenze e i dati della ricerca insieme alle criticità ed i limiti con cui ricercatori e clinici si devono confrontare. Il testo si rivolge a professionisti del settore, psicologi, psicoterapeuti, neuropsichiatri, medici, ma non solo, a tutti coloro che desiderano approfondire e comprendere meglio questo disturbo. L’intento è di raccogliere in una sorta di revisione sistematica lo stato dell’arte dell’argomento e di mettere in luce aspetti del funzionamento mentale degli accumulatori e linee guida per il trattamento senza tralasciare aree ancora da indagare ed esplorare per sviluppi futuri.

I primi due capitoli del volume sono dedicati alle manifestazioni cliniche e al rapporto che gli individui hanno con le con le cose. Nel primo capitolo si “scende in campo”, l’autrice Perdighe presenta un caso clinico e permette al lettore di cogliere gli aspetti peculiari del disturbo. Nel secondo capitolo si affronta, anche attraverso i contributi della filosofia, il rapporto che gli individui hanno con gli oggetti. Le domande a cui si tenta di dare una risposta riguardano la relazione che c’è tra le cose che ci appartengono e la propria identità ed il significato di certi oggetti nella vita delle persone. Nei capitoli centrali, dal terzo al settimo, gli autori affrontano i temi cruciali della diagnosi, l’assessment, il funzionamento (motivazioni e processi nell’accumulatore), il trattamento e non ultima di importanza la visita domiciliare. Questo potrebbe sembrare un elemento di novità rispetto alla classica prassi clinica che vede il terapeuta nel suo studio, ma fare una valutazione “sul campo” è un passo da non sottostimare per impostare la strategia terapeutica individualizzata e per capire quanto il disturbo compromette il quotidiano utilizzo dell’ambiente domestico. Un altro elemento importante tra gli aspetti peculiari del disturbo di accumulo è quello del perfezionismo o della cosiddetta Not just Right Experience, la sensazione, cioè, che le cose non siano del tutto a posto. Una parte interessante è rappresentata dalle motivazioni che spingono le persone ad accumulare: attaccamento emotivo, tendenza a vedere una speciale opportunità o utilità potenziale in ogni oggetto, motivazione legata al desiderio di preservare il tempo e controllo. Tutti questi aspetti conducono il lettore alla concettualizzazione del caso e permettono di individuare i fattori di rischio nella vita del paziente che lo rendono più vulnerabile allo sviluppo di tale condotta. Tra questi sono stati individuati la presenza di attaccamenti insicuro-ansiosi e insicuro-evitanti e la presenza di relazioni interpersonali problematiche insieme ad esperienze di tipo traumatico. Altri importanti fattori di vulnerabilità sembrano essere l’idea di sentirsi indegni, non amabili e impotenti, la deprivazione emotiva e variabili culturali ed economiche e, infine, l’ Anxiety Sensitivity. La parte centrale del testo è densa e ricca di aspetti fondamentali per la comprensione, valutazione e impostazione del percorso psicoterapeutico. Gli autori presentano il protocollo cognitivo comportamentale in tutte le sue sfumature dall’assessment, psicoeducazione, agli interventi focalizzati sulla motivazione al trattamento e l’esposizione con prevenzione della risposta. Una parte approfondisce le somiglianze e le diversità con il Disturbo Ossessivo Compulsivo con alcune indicazioni per una corretta diagnosi differenziale. Infine una particolare attenzione viene dedicata al DA in età evolutiva, all’accumulo di animali e lo shopping compulsivo. Questo libro è interessante poiché pone attenzione ad un disturbo che, secondo i dati, è in aumento, sebbene rimanga spesso nell’ombra e di difficile cura. Descrive in modo chiaro quali siano i fattori predisponenti, precipitanti e di mantenimento del disturbo, fornendo una cornice di riferimento chiara per il lettore e spiegando quali possono essere gli strumenti ad oggi disponibili per la cura. È sicuramente apprezzabile l’operazione culturale compiuta dagli autori che hanno il merito di inquadrare il disturbo da accumulo all’interno della cornice teorica del cognitivismo clinico italiano. L’argomento rimane da approfondire ed esplorare al fine di portare contributi sempre più significativi per la raccolta di evidenze sull’efficacia del trattamento cognitivo comportamentale che risulta già dalle ricerche condotte essere il modello d’elezione (Tolin, Forst, Steketee & Muroff, 2015).

Bibliografia
Gilliam CM, Tolin D.F., (2010). Compulsive hoarding. Bull Menninger Clin. 2010 Spring;74(2):93-121.
Perdighe C. e Mancini F, a cura di (2015). Il disturbo da Accumulo. Raffaello Cortina Editore.
Tolin D.F., Frost, R.O., Steketee G.,Fitch, K.E. (2008). Fumily burden of compulsive hoarding: results of an internet survey. In Behavior Research and Therapy, 46, pp. 334-344.
Tolin D.F., Randy O. Frost, Gail Steketee and Jordana Muroff, (2015). Cognitive Behavioral Therapy for Hoarding Disorder: a meta-analysis. Depression and Anxiety 32:158-166 Wiley Periodicals.

Dott.ssa Claudia Perdighe
Psicologa e Psicoterapeuta Cognitiva

foto.dr.ssa.perdighe

Prof. Francesco Mancini
Medico, specialista in Neuropsichiatria Infantile, Psicoterapeuta
Direttore della Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale dell’Associazione di Psicologia Cognitiva di Roma
www.apc.it

foto.prof.mancini

Dott.ssa Laura Rigobello
Psicologa e Psicoterapeuta Cognitiva

foto.drssa.rigobello

Dott.ssa Sara Bernardelli
Psicologa e Psicoterapeuta Cognitiva

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