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Il trattamento del dolore nel mieloma multiplo

Il Mieloma Multiplo è una malattia neoplastica del midollo osseo caratterizzata da un’incontrollata produzione di cellule linfoidi B (Plasmacellule) che infiltrano il midollo, producono immunoglobuline strutturalmente omogenee e, spesso, lesioni osteolitiche e insufficienza renale. E’ una malattia che compare in età avanzata (la mediana è di circa 60-70 anni) ed è caratterizzata da sintomi e segni che possono essere riferiti alla sostituzione midollare da parte delle cellule del clone neoplastico, all’aumentato riassorbimento osseo, alla componente monoclonale e alla ridotta produzione di normali Ig. L’aumentato riassorbimento osseo, da cui può derivare il dolore oggetto della nostra trattazione, è la diretta conseguenza dell’attivazione degli Osteoclasti da parte di fattori prodotti dalle cellule tumorali e da cellule dello stroma come reazione all’invasione midollare delle cellule tumorali; tutto si traduce in una sintomatologia caratterizzata da dolori ossei, osteolisi, osteoporosi, fratture patologiche che possono esitare in compressioni nervose con dolore radicolare e deficit sensitivo/motorio fino alla para/tetraplegia flaccida.
Si tratta quindi di un dolore oncoematologico il cui trattamento rappresenta una vera sfida dal momento che con il progredire della patologia, dal 60 al 90% dei pazienti con Mieloma avrà dolore. La terapia del dolore è diventata un punto fondamentale per molti medici, grazie al fatto che le terapie farmacologiche ed invasive per trattare il dolore sono in continua evoluzione. La terapia del dolore da Mieloma inizia con la descrizione della causa del dolore: oltre a raccogliere una anamnesi completa sulla sintomatologia del paziente ed aver eseguito un accurato esame obiettivo e neurologico, una descrizione delle caratteristiche del dolore da parte del paziente stesso può essere di ausilio nella definizione della diagnosi e/o può permettere di classificare il dolore come iatrogeno o secondario al tumore stesso.
Il dolore osseo secondario ad interessamento mielomatoso è di tipo nocicettivo e somatico.
La nocicezione rappresenta una variazione biochimica e nervosa in risposta ad uno stimolo doloroso: le lesioni e l’infiammazione attivano particolari fibre nervose (detti Nocicettori) che elaborano l’informazione trasmettendola poi al sistema nervoso centrale da cui poi si originano le risposte modulatrici al dolore stesso da parte dell’organismo. I nocicettori somatici vengono attivati a livello della cute e/o dei tessuti profondi e il dolore è di origine scheletrica o miofasciale; i pazienti possono descrivere il dolore come sofferenza, ben localizzato, tagliente, che rode o sordo. L’interessamento tumorale del nervo è la seconda sintomatologia algica oncoematologica più comune che può essere descritta come dolore urente, disestesico, parestesico, che preme, a scossa, lancinante e i pazienti mielomatosi possono avere uno o una combinazione di questi tipi di dolore.
Il sintomo dolore è una situazione soggettiva ma nel paziente con Mieloma indica un processo patologico che rende necessaria una valutazione continua al fine di escludere una recidiva o un peggioramento della malattia. L’obiettivo principale della terapia di questi “TIPO” di dolore è quello di fornire un PAIN RELIEF cioè un sollievo dal dolore per un periodo di tempo ragionevole tale da consentire ai pazienti di tollerare la Chemioterapia, evitando effetti collaterali sgradevoli e garantendo un controllo del dolore in modo meno invasivo possibile.
La gestione del dolore dovrebbe essere multidisciplinare attraverso la creazione di uno schema ideale basato su una terapia specifica per la patologia di base (in questo caso la Chemioterapia per il Mieloma) che elimini o limiti la causa del dolore, e una specifica terapia antalgica che in caso di estrema diffusione della neoplasia può considerare l’introduzione di tecniche neuroablative con blocchi nervosi terapeutici e interruzione delle vie del dolore.
La sintomatologia dolorosa, dovuta principalmente alle localizzazioni ossee della malattia, può essere contrastata con l’uso di antidolorifici per os come il tramadolo, mentre la somministrazione di FANS a scopo analgesico è da sconsigliare specie in caso di importante insufficienza renale. Il trattamento è “accompagnato” dal trattamento delle lesioni scheletriche (che si basa sulla radioterapia locale, sull’uso di busto ortopedico e sulla somministrazione di bifosfonati, farmaci che riducono l’attività osteoclastica e inibiscono il riassorbimento osseo). Per certi tipi di problematiche dolorose possono anche essere aggiunti gli adiuvanti che hanno lo scopo di migliorare l’analgesia riducendo gli effetti collaterali della chemioterapia. L’intensità del dolore che costituisce una variabile soggettiva, può indurre l’operatore a somministrare farmaci più “invasivi” come gli oppioidi che rimangono fondamentali per il trattamento del dolore da moderato a severo; non avendo un effetto tetto possono essere somministrati a dosi proporzionali al controllo del dolore salvo poi essere somministrati a dosi crescenti in caso di progressione della patologia e di dolore ingravescente. Una percentuale molto elevata di pazienti (tra il 90 e il 95%) si ritiene possa controllare il dolore con una terapia basata sull’uso di oppioide e di adiuvanti. L’oppioide viene scelto in base alla via di somministrazione disponibile, all’intensità del dolore e alle intolleranze del paziente e presenta dei vantaggi sia perchè può essere applicato a vari tipi di dolore sia per la varietà di preparazioni disponibili. Le metodiche di somministrazione parenterale degli oppioidi (tra cui la morfina rappresenta il farmaco di riferimento) includono strumenti di analgesia controllati dal paziente, tecniche di infusione continua che permettono di autocontrollare la richiesta dei farmaci che possono essere quantitativamente registrati e aggiustati nella posologia.
In caso di scarso controllo farmacologico, in caso di dolori intrattabili e/o continui, può essere indicato il ricorso a tecniche invasive in cui il calcolo rischio/beneficio è vantaggioso per il paziente specie in caso di patologia avanzata. Queste procedure che in molti casi richiedono l’intervento di un neurochirurgo hanno lo scopo di bloccare la progressione del dolore, alleviare le sofferenze del paziente e permettergli di sopportare la terapia della malattia di base.
Il dolore nelle malattie oncoematologiche costituisce una sfida affascinante per il medico chiamato ad alleviare le sofferenze del paziente. Lo scopo del trattamento del dolore secondario a patologia oncoematologica non solo è quello di attenuarlo ma di cronicizzarlo controllando la dose del trattamento antalgico, aggiustandola nel tempo al fine di ottenere una migliore qualità di vita e consentire al paziente stesso di affrontare l’ostacolo psicologico della chemioterapia.

Dott. Pietro Falco
Specialista in Ematologia Clinica
Master in Terapia del Dolore
Master in Ecografia Clinica

Co-responsabile Centro Trombosi F.C.S.A. “Centro Medical Pontino” di Latina
Specialista Ematologo Ospedale Israelitico di Roma.
Specialista Ematologo Poliambulatorio “Fisiomed” di Priverno (LT)
Referente S.I.S.E.T. (Società Italiana Studio Emostasi e Trombosi) Regione Lazio

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