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Ipereosinofilia essenziale

Gli eosinofili sono una particolare tipologia di globuli bianchi, che contengono granuli che legano in maniera significativa l’eosina, una sostanza in grado di colorare i globuli con un tipico colore rosso-arancio. Lo scopo dei granulociti eosinofili è quello di fungere da strumento di difesa dell’organismo contro i parassiti: prodotti dal midollo osseo, provengono da cellule staminali comuni agli altri globuli bianchi, ai globuli rossi e alle piastrine.
Oltre che svolgere tale funzione positiva, purtroppo stimolano la secrezione di molecole chiamate leucotrieni, coinvolte nell’asma che sono in grado di stimolare la secrezione di muco favorendo la broncocostrizione.
La vita di tali globuli bianchi non è molto longeva; una volta che raggiungono la maturità, infatti, tali globuli circolano nel sangue per non più di 10 ore, migrando poi nei tessuti e sopravvivendo tra gli 8 e i 12 giorni, svolgendo le funzioni sopraddette.
Normalmente gli eosinofili tessutali sono confinati nella mucosa gastrointestinale e, in minor misura, in quella delle vie respiratorie. Qualsiasi condizione che comporti un accumulo degli eosinofili nel sangue e/o nei tessuti o più semplicemente una loro esagerata attivazione da parte di stimoli locali, può avere delle conseguenze dannose per l’organismo a causa della liberazione di sostanze contenute nei granuli citoplasmatici che sarebbero alla base delle manifestazioni d’organo osservate nei soggetti con eosinofilia moderata o grave.
Gli eosinofili, analogamente agli altri granulociti si originano nel midollo emopoietico da precursori immaturi che sono indirizzati verso una maturazione eosinofila da tre citochine, l’IL3, il GM-CSF, l’IL5 (quest’ultima da considerare un fattore di crescita specifico per gli eosinofili). Le tre citochine sono secrete dai linfociti T nei siti di reazione allergica e nei tessuti infestati dai parassiti ed esercitano profondi effetti sulle cellule eosinofile, poiché ne stimolano la produzione midollare e l’immissione in circolo favorendone l’adesione alle cellule endoteliali e la migrazione nei tessuti essendo stimolando la sintesi di sostanze chemiotattiche specifiche per gli eosinofili, dette eoxantine polmonari (MCP, RANTES) rinvenibili nei fluidi dei lavaggi broncoalveolari poche ore dopo l’esposizione agli allergeni.
Gli eosinofili attivati liberano una notevole quantità di mediatori chimici e citochine creando un circuito autocrino in grado di perpetuare la risposta eosinofila. La caratteristica peculiare della risposta eosinofila consiste nell’intima adesione delle cellule alle sostanze estranee prima di liberarare i mediatori chimici in essi contenuti nell’ambiente extracellulare. Si può considerare l’Eosinofilia un epifenomeno dovuto ad aumentata produzione da parte dei linfociti T helper di IL-5: gli eosinofili sarebbero in grado di partecipare a processi di riparazione tissutale e a inibizione della crescita di alcuni tipi di cellule tumorali.
L’ipereosinofilia essenziale alla luce di queste note di fisiopatologia, può essere considerata una patologia clonale dell’emopoiesi, caratterizzata dalla presenza nel sangue periferico di un numero assoluto di eosinofili superiore a 1500 e da un aumento di eosinofili nel tessuto emopoietico midollare per un periodo di tempo superiore a sei mesi e in assenza di condizioni cliniche capaci di determinare un’eosinofilia. Quest’ultima può essere infatti secondaria a malattia allergica, autoimmune, parassitaria, dermatologica e neoplastica. Eosinofilie secondarie alla liberazione di citochine sono state riportate non solo in pazienti con Leucemia Mieloide Cronica Ph1 positiva, con Leucemia Acuta Linfoblastica e con Linfomi non-Hodgkin, ma anche in pazienti che apparentemente non presentavano una malattia linfoproliferativa: in quest’ultimo gruppo di pazienti, con una sintomatologia caratterizzata da dermatite pruriginosa ed elevati livelli di IgE, è stata osservata una popolazione clonale di Linfociti T che produceva varie citochine specie IL-5, necessaria per la differenziazione eosinofila della cellula mieloide.
Tale patologia è sempre causata da una mutazione acquisita insorta in una cellula staminale emopoietica, determinando una differenziazione cellulare prevalentemente in senso eosinofilo (si parla allora di Leucemia Eosinofila); in altri invece è verso tutte le linee cellulari mieloidi e in queste l’Eosinofilia è parte di un più ampio disordine neoplastico. In ogni caso l’aumento degli Eosinofili è provocato da una aumento della produzione di IL-5.
La valutazione delle Ipereosinofilie, storicamente basata sulla morfologia, si avvale ora di sofisticate metodiche molecolari che permettono suddivisioni più precise ed utili per gli orientamenti terapeutici. Si è passati dalla diagnosi empirica di HES di Chusid (1975) alla sottoclassificazione WHO, che divide tali patologie in reattive, mediate da linfociti, ed in varie forme clonali, sia correlate con neoplasie ematologiche o meno. Ora le conoscenze sulla fisiopatologia degli eosinofili, strettamente correlata a quella dei basofili e di altre cellule dell’infiammazione, sono molto aumentate rendendo questo capitolo ancora più complesso.
Nel paziente che si presenta con Ipereosinofilia periferica devono essere ricercate preliminarmente delle cause reattive, quali infezioni parassitarie, condizioni allergiche, tumori e collagenopatie. In caso di esclusione di queste condizioni e di persistenza di Eosinofilia elevata si pone diagnosi differenziale di SINDROME IPEREOSINOFILA ESSENZIALE (HES), termine utilizzato per la prima volta nel 1968 e di cui nel 1975 furono introdotti criteri diagnostici più precisi:
1) eosinofilia > 1500/microL per più di 6 mesi;
2) mancata dimostrazione di parassitosi, allergie e altre cause di eosinofilia;
3) segni di coinvolgimento di organi, quali miocardiopatia di Loeffler, valvulopatia mitralica, pneumopatie, dermatiti, sinusiti, infiltrazioni gastroenteriche, stroke, neuropatie periferiche.
Le principali cause note di Ipereosinofilia sono le seguenti, in cui accanto a varie parassitosi e all’atopia, sono riportate alcune condizioni disreattive prevalentemente di interesse pneumologico e reumatologico:
Criteri diagnostici suggeriti da WHO in presenza di ipereosinofilia
1) Escludere cause di Eosinofilia reattiva a :
° Allergie
° Malattie Parassitarie
° Infezioni
° Malattie polmonari
2) Escludere cause neoplastiche di Eosinofilia reattiva:
° Linfomi T, compresa Micosi Fungoide e S. di Sezary
° Linfoma di Hodgkin
° Leucemia/Linfoma linfoblastico
° Mastocitosi
3) Escludere altre cause tumorali in cui gli Eosinofili fanno parte del clone neoplastico.
° LMC Ph1+ o BCR-Abl positive
° LMA, comprese quelle con inv(16), t(16;16)(p13;q22)
° Altre Malattie Mieloproliferative (PV, TE, CMML)
° Mielodisplasie
4) Escludere la presenza di linfociti T aberranti.
Se non sussistono condizioni che giustifichino l’eosinofilia, si pone diagnosi di HES. Se sono soddisfatte le condizioni 1-4, se esiste clonalità, se vi sono blasti periferici (>2%) o midollari ( >5% ma <19%) si pone diagnosi di Leucemia cronica eosinofila.
Al momento dell’esordio il paziente presenta una sintomatologia determinata dall’infiltrazione da parte dei granulociti eosinofili dei vari tessuti in cui liberano citochine contenute nei loro granuli. Si spiegano così l’intenso prurito, spesso associato alla presenza di noduli cutanei, la profonda astenia con frequenti dolori di tipo anginoso ed i più rari episodi di diarrea profusa. Una visita cardiologica spesso dimostra un’insufficienza cardiaca congestizia, aritmie, angina e all’ecocardiografia si osserva un marcato deficit dell’attività contrattile del miocardio e alterazioni a livello delle valvole cardiache. Per quanto concerne le complicanze neurologiche esse sono dovute alla liberazione di neurotossine contenute nei granuli responsabili di un’importante sintomatologia polimorfa. Il 16% dei pazienti, dopo una fase cronica della durata di 6-9 mesi circa sviluppa una fase acuta con un quadro clinico sovapponibile a quello di una leucemia acuta mieloide.
L’osservazione che alcuni casi di HES, resistenti a glucocorticoidi, idrossiurea, interferone alfa, si sono dimostrati sensibili all’Imatinib, somministrato nell’ipotesi che in queste situazioni la patogenesi fosse basata sulla disregolazione di tirosinchinasi, ha favorito alcune valutazioni citogenetiche e molecolari che rappresentano ormai uno strumento assolutamente indispensabile non solo per un corretto inquadramento diagnostico della sindrome ma anche per un corretto trattamento.ma comprende varie sub-unità associate a specifiche alterazioni citogenetiche e molecolari. La traslocazione cromosomica che per prima fu associata ad una malattia mieloproliferativa associata ad evidente aumento degli eosinofili fu la t(5;12)(q31-33;p12-p13); essa determina il riarrangiamento tra il gene che codifica per il recettore beta del “Platelet Derived Growth Factor” (PDGFRB), e il gene ETV6. Il gene PDGFRB codifica per una proteina recettoriale dotata di attività tirosinchinasica, che si sviluppa solo in presenza del legame con il ligando, rappresentato dal PDGF. Il gene di fusione ETV6-PDGF, prodotto dalla traslocazione, determin l’attivazione costitutiva delle chinasi in assenza di ligando.
Altra traslocazione associata ad un quadro di sindrome eosinofila è quella che coinvolge il gene FGFR1, che codifica per la proteina “Fibroblast Growth Factor Receptor 1″ ad attività tirosina chinasica; in tale traslocazione si forma un gene chimerico che attiva le chiuna in assenza di ligando.
Ultima traslocazione in ordine di tempo dimostrata mediante tecniche di citogenetica molecolare è quella che determina il riarrangiamento tra il gene per il recettore Alfa del PDGF e il gene FIP1L1, entrambi mappati alla banda q12 del cromosoma 4. Anche in questo caso la traslocazione genera un gene di fusione che provoca l’attivazione costitutiva di PDGFRA.
La qualità di vita dei pazienti è influenzata dal tipo di danno d’organo evidenziato: il trattamento più frequentemente utilizzato è l’Idrossiurea, farmaco antiblastico utile per controllare l’eosinofilia e la conseguente leucocitosi, ma incapace di modificare la storia naturale della malattia; i pazienti refrattari a tale trattamento, sono trattati con INF-alfa, che può determinare remissione ematologica e di migliorare i sintomi clinici dovuti a danno d’organo. La recente dimostrazione che nella maggior parte dei pazienti con sindrome ipereosinofila si verifica l’attivazione costitutiva di una particolare tirosina chinasi a seguito di una traslocazione cromosomica specifica ha radicalmente modificato il trattamento di questi pazienti indirizzandoli verso una terapia molecolare che consiste nella somministrazione di Glivec (Imatinib mesilato) che si è già dimostrato efficace nel trattamento della Leucemia Mieloide Cronica Ph1positiva. Infine il trapianto allogenico di midollo osseo può essere indicato nei giovani resistenti alla terpia convenzionale. Trials clinici con nuovi agenti terapeutici devono essere presi in considerazione.

Dott. Pietro Falco
Specialista in Ematologia Clinica
Master in Terapia del Dolore
Master in Ecografia Clinica

Co-responsabile Centro Trombosi F.C.S.A. “Centro Medical Pontino” di Latina
Specialista Ematologo Ospedale Israelitico di Roma.
Specialista Ematologo Poliambulatorio “Fisiomed” di Priverno (LT)

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