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La mammografia e lo screening

La attuale rivoluzione mediatica della comunicazione digitale ha dato ampia diffusione alla prevenzione soprattutto in campo oncologico;  le informazioni in precedenza gestite in un rapporto lineare tra medico e cittadino sono diventate però più frammentate e caotiche, talora anche generatrici di sfiducia e incertezza.
Il periodico controllo mammografico è un importante strumento di diagnosi precoce del tumore della mammella.
Il cancro della mammella resta la principale causa di morte a livello mondiale e la seconda in Europa, Nord America e Australia. Il gruppo di lavoro  IARC (International Agency for Research on Cancer) dopo un lavoro di revisione compiuto da 29 esperti indipendenti provenienti da 16 Paesi, ) ha confermato  le certezze e le evidenze acquisite sulla utilità dello screening organizzato con la dimostrazione di un impatto favorevole sulla mortalità delle donne dai 50 ai 74 anni.
L’importanza di questa ampia revisione e delle certezze acquisite ha negli ultimi tempi un particolare valore poiché esistono alcune nicchie  della comunità scientifica che pongono pericolosi dubbi sui risultati conseguiti dallo screening.
Anche nel nuovo scenario creato dai progressi della tecnologia sia nel campo della diagnosi sia della cura  (apparecchiature di radiodiagnostica, radioterapia e nuovi farmaci ) e benché esista la consapevolezza dell’esistenza di alcuni limiti e problematiche (informazione, estensione, adesione, accuratezza , falsi positivi e falsi negativi, carcinogenesi), il dato di riduzione della mortalità da cancro mammario di circa il 40% è ormai acquisito e incontestabile.
I maggiori vantaggi si riscontrano con un controllo biennale  nella fascia di età compresa tra i 50 e 70 anni, periodo nel quale si concentra circa l’80% delle manifestazioni del tumore.
La utilità di una sua estensione fino a 75 anni nell’ambito di programmi di screening organizzato è ancora oggetto di studio, ma l’aumentare dell’età media della popolazione fa segnalare una discreta incidenza del tumore anche in questo periodo di età.
Nella fascia di età compresa tra i 40 e 49 anni invece il valore dello screening si riduce perché  in età giovane la ghiandola mammaria si presenta più frequentemente di tipo “denso” . Tale aspetto potrebbe limitare la capacità diagnostica della mammografia e generare  un maggior numero di casi falsi-positivi che a sua volta potrebbe incrementare il numero di biopsie non necessarie. Altre tecnologie come l’ecografia o la risonanza magnetica potrebbero essere preferibili, ma al momento attuale non ne è consigliato l’uso routinario in questo gruppo di donne.
La decisione però di iniziare il controllo periodico prima dei 50 anni dovrebbe essere individualizzata dopo attenta valutazione specialistica dei rischi individuali, familiari, genetici e socio-ambientali rispetto ai benefici dell’indagine diagnostica per ogni singola donna ai fini di una ottimizzazione del percorso diagnostico preferibilmente in strutture organizzate con percorsi clinico-assistenziali dedicati.
Per quanto riguarda le situazioni di rischio familiare o di predisposizione genetica, che rappresentano nel loro insieme circa il 10% dei casi, diagnosticati spesso in donne molto giovani, è sempre opportuno rivolgersi ad un medico genetista che possa eventualmente consigliare e attivare uno screening anticipato e diversificato in rapporto ai diversi fattori predisponenti.
La realizzazione di un programma di screening mammografico nel senso stretto del termine richiede una disponibilità istituzionale di risorse socio-sanitario ed economico-strutturali non sempre possibili e una risposta in termini di adesione della popolazione ottimale rispetto all’impegno profuso.
Dai dati riportati nel corso del Convegno 2014 del GISMa  (Gruppo Italiano Screening Mammografico), l’ estensione sul territorio nazionale è circa intorno al 73%,  ma purtroppo con estreme diversità tra Nord (96%), Centro (90%) e Sud Italia (36%) e  con una ancor maggiore diversità in termini di adesione (62%, 54% e 43% rispettivamente), ma fortunatamente con una tendenza in aumento per il Sud.
Da anni i gruppi di lavoro per i programmi di screening sono impegnati nella comunicazione corretta ed esaustiva dei rischi benefici dello screening per favorire per ogni donna  il miglior percorso diagnostico-terapeutico sul territorio.

Prof. Luigia Nardone
Specialista in Radioterapia
Specialista in Radiodiagnostica
Professore Aggregato dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma

Già Responsabile della Struttura Semplice di Radioterapia Senologica del Policlinico Universitario Agostino Gemelli Di Roma

foto.dr.ssa.nardone

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