Giorni fa, nel circolo che frequento, un sessantenne ha avuto un malore prolungato svolgendo attività fisica. Sapendosi nell’ambiente che sono cardiologo, per qualche tempo non ho potuto sottrarmi alle domande di rito: ma allora non è vero che l’attività fisica fa sempre bene? Ma come, veniva in palestra da mesi e ogni volta si allenava almeno 2 ore…..
Dopo una lunga attesa in panchina, è entrato nella cultura generale il concetto che l’esercizio fisico agevoli il funzionamento di tutti gli organi del nostro corpo. Sembrano lontani i tempi in cui chi corricchiava per le strade era oggetto di scherno e bersaglio di epiteti di ogni genere.
Esiste sempre una fase di transizione nel passare da una usanza ad un’altra ed in quella fase molti concetti si sovrappongono e creano situazioni a volte confuse. E’ appunto quanto sta avvenendo con l’attuale apertura di massa alla pratica dello sport.
Nel nostro Paese, però, la stragrande maggioranza delle persone, nel settore dello sport in generale, si “sente” tecnico, allenatore, esperto, già dopo pochi secondi che ne parla…..figurati se ne pratica uno…… Allora fioriscono le stravaganze più fantasiose sotto forma di consigli per supporti dietetici, programmi di allenamento, gestione dello smaltimento della fatica, usando anche una terminologia a volte appropriata, a volte meno, sbalorditiva sempre.
Esistono poi alcuni concetti che inspiegabilmente si sono affermati senza un’oggettiva verifica di corrispondenza alla realtà, come questo: se sei capace di “faticare” durante un allenamento allora è sicuro che hai un apparato cardiovascolare super-sano. In realtà, le cose non stanno proprio così. Basti pensare che un maratoneta ben allenato percorre di corsa 42 Km, ma se gli chiedete di pedalare per 20 Km in pianura, vi dirà che ha faticato di più nel secondo caso, anche se nel primo caso ha consumato più energie. Il gesto atletico della corsa e della pedalata coinvolgono masse muscolari, gestualità e ritmi diversi che richiedono allenamenti differenti e che diversamente vengono risentiti da un organismo allenato per compiere un altro tipo di esercizio. Se poi l’esercizio viene eseguito con un amico con cui si ingaggia una sana competizione, interviene uno stimolo nervoso aggiuntivo che induce una ritmicità più elevata, produzione di acido lattico e senso di affaticamento maggiore. In conclusione i termini di fatica, dispendio energetico, allenamento,durata dell’esercizio non sono sinonimi.
E’ andata un po’ meglio la assimilazione del concetto di gradualità dell’allenamento, specie dopo una prolungata interruzione dell’attività fisica. Ma qui ha giocato l’influenza dei mass-media che ripetono la notizia, fino all’esasperazione, per ogni calciatore infortunato e, secondo me, soprattutto il fatto che senza gradualità di ripresa motoria si rischia di avvertire dolore muscolare considerevole nella mobilizzazione di tutti i giorni.
Sui concetti di modalità di allenamento e di appropriatezza delle diete, invece, risulta impossibile identificare una tendenza di massa, perché siamo nel regno incontrastato della fantasia e, si sa, i Latini sono fra i popoli più fantasiosi del mondo.
Dott. Giancarlo Gambelli
Specialista in Cardiologia
Già Primario Cardiologo Ospedale G.B. Grassi – Ostia (Roma)