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Peste Suina Africana

La Peste Suina Africana (PSA) è una malattia virale di tipo emorragico che colpisce solo le specie animali appartenenti alla famiglia dei suidi (suini domestici e specie selvatiche).
Il virus responsabile appartiene alla famiglia Asfarviridae, genere Asfivirus, per il quale non è disponibile ad oggi alcun vaccino.
La malattia non è trasmissibile all’uomo.
La PSA è causa di ingenti perdite economiche nel comparto suinicolo, con gravi ripercussioni anche sul commercio internazionale di animali vivi e dei loro prodotti.
Il virus è in grado di diffondersi attraverso il contatto diretto tra animali infetti mentre la trasmissione indiretta può avvenire a seguito di ingestione di carne e prodotti derivati provenienti da animali infetti, rifiuti alimentari, scarti di cucina, frattaglie di cinghiali infetti o tramite il contatto con oggetti contaminati dal virus come attrezzature, veicoli e abbigliamento.
La PSA è endemica in Sardegna e nelle regioni sub-sahariane del continente africano.
Nel 2007 la malattia ha fatto la sua prima comparsa nelle regioni caucasiche (Georgia, Armenia, Azerbaigian) e, successivamente, in Russia, Ucraina e Bielorussia.
Nel 2014 il virus ha raggiunto i paesi dell’Unione Europea (Lituania, Paesi Baltici, Polonia). Il fronte epidemico ha via via interessato numerosi territori tra il 2016 e il 2018 (Moldavia, Repubblica Ceca, Romania, Ungheria, Bulgaria, Belgio, quest’ultimo raggiunto dal virus tramite un “salto” causato da attività umane).
Tra il 2019 e il 2020, Serbia, Grecia e Germania si sono uniti agli altri paesi già infetti in Europa.
Contestualmente, il virus ha raggiunto il continente asiatico (Cina, 2018) espandendosi poi nei paesi del Sud-Est asiatico (Mongolia, Filippine, Corea del Nord e del Sud, Vietnam, Cambogia, Lao, Myanmar, Timor Leste, Indonesia) e dell’Oceania (Papua Nuova Guinea). Nel 2021, anche l’America ha notificato casi di malattia (Repubblica Dominicana e Haiti).
L’ultimo paese europeo, in ordine di tempo, ad essere stato coinvolto dall’attuale ondata epidemica è proprio l’Italia, dove il primo caso di PSA è stato confermato in data 06 Gennaio 2022. Si tratta di un cinghiale rinvenuto morto nel territorio del comune di Ovada (Alessandria). L’animale era stato sottoposto ai test previsti dal Piano Nazionale di Sorveglianza Passiva. Il sequenziamento del campione ha permesso di rilevare che lo stipite virale appartiene al genotipo II. La zona infetta immediatamente istituita ha coinvolto più di 70 comuni in un territorio a cavallo tra il Piemonte e la Liguria. La situazione è in continuo aggiornamento.
Le motivazioni dell’andamento oscillante della malattia, sono ascrivibili a molteplici fattori: le diverse cariche infettanti del virus nelle varie ondate epidemiche, le dinamiche della popolazione selvatica, in termini di numerosità e movimentazioni, l’efficacia delle misure di controllo ed eradicazione attuate nel tempo per il contrasto alla malattia. Negli ultimi anni la Sardegna ha ottenuto risultati estremamente favorevoli, grazie alla sinergia di azione con il Governo centrale e il supporto della Commissione Europea, registrando l’assenza di focolai nel settore domestico dal 2018 e un numero esiguo di focolai nel selvatico nell’ultimo biennio, in cui ormai gli unici rilievi sono di tipo sierologico. L’obiettivo dell’eradicazione della malattia sembra dunque essere vicino.

I sintomi principali negli animali colpiti sono:

• febbre
• perdita di appetito
• debolezza del treno posteriore con conseguente andatura incerta
• difficoltà respiratorie e secrezione oculo-nasale
• costipazione
• aborti spontanei
• emorragie interne
• emorragie evidenti su orecchie e fianchi

La presenza del virus nel sangue (viremia) dura dai 4 ai 5 giorni; il virus circola associato ad alcuni tipi di cellule del sangue, causando la sintomatologia che conduce inevitabilmente al decesso dell’animale, spesso in tempi rapidissimi.
Gli animali che superano la malattia possono restare portatori del virus per circa un anno, giocando dunque un ruolo fondamentale per la persistenza del virus nelle aree endemiche e per la sua trasmissione.
Il virus è dotato di una buona resistenza in ambiente esterno e può rimanere vitale anche fino a 100 giorni sopravvivendo all’interno dei salumi per alcuni mesi o resistendo alle alte temperature. Nel sangue prelevato è rilevabile fino a 18 mesi. (FONTE: Ministero della Salute & IZSUM)

Maggiori informazioni sono disponibili sul sito www.salute.gov.it

La Redazione

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