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Policitemia vera: le nuove terapie e la qualità di vita dei pazienti

La Policitemia Vera o malattia di Vaquez rientra nella categoria delle Neoplasie Mieloproliferative Croniche (NMP), disordini clonali che originano dalla trasformazione neoplastica della cellula staminale emopoietica (CSE) pluripotente e che sono caratterizzati dalla proliferazione di uno o più progenitori emopoietici nel Midollo osseo e in sedi extramidollari.

Sebbene le NMP siano caratterizzate da eterogeneità clinica e fenotipica, esse sono caratterizzate da meccanismi patogenetici comuni basati sulla disregolazione dei recettori tirosinchinasici e di recettori di specifici citochine, che forniscono alle cellule un vantaggio proliferativo attraverso l’attivazione di specifici segnali cellulari.

La Policitemia Vera è caratterizzata da una proliferazione persistente,incontrollata e predominante  della linea eritropoietica che risulta indipendente dai meccanismi di controllo e che determina un aumento numerico dei globuli rossi nel sangue periferico. La proliferazione piastrinopoietica e granulocitopoietica, che determina un aumento delle piastrine e dei globuli bianchi è presente nel 50% dei pazienti.

La malattia riconosce 3 fasi:

1) una fase iniziale pre-policitemica caratterizzata da una eritrosi lieve o “borderline”;

2) una fase policitemica con incremento spiccato della massa eritrocitaria;

3) una fase tardiva, “spenta”, o post-policitemica, caratterizzata da anemia, leucopenia, piastrinopenia, splenomegalia, fibrosi midollare.

La storia naturale della malattia può comprendere una bassa incidenza di evoluzione mielodisplastica o in leucemia acuta.

L’incidenza della PV aumenta con l’età ed è di circa 0,7-2,6 casi ogni 100.000 abitanti e l’età mediana alla diagnosi è di circa 60 anni.

L’origine delle 3 malattie Mieloproliferative croniche è stata in parte chiarita nel 2005 con l’identificazione della Mutazione JAK2 (JAK2 V617F) che comporta un aumento dell’attività proteinchinasica della proteina JAK2 coinvolta nei meccanismi della proliferazione cellulare. Tale mutazione è presente nel 95% dei pazienti affetti da PV; la proteina JAK2 è una particolare proteina ad attività tirosin-chinasica coinvolta nel meccanismo di trasduzione del segnale dalla membrana al nucleo e la sua mutazione provoca un aumento della sua attività con conseguente aumento della attività trasduzionale e mieloproliferazione. Lo studio di questa mutazione è un utile parametro diagnostico che è stata introdotta nella recente classificazione delle Malattie Mieloproliferative Croniche della WHO.

La Policitemia Vera è caratterizzata da due fenomeni biologici: il primo è la crescita di elementi eritroidi, in vitro, in assenza dello stimolo dell’eritropoietina; il secondo, in vivo, è l’elevata produzione di globuli rossi che si automantiene pur in assenza di aumentati livelli sierici di eritropoietina. Questi fenomeni biologici non si osservano nei soggetti sani o nei pazienti con Policitemia secondaria e rivestono quindi un ruolo diagnostico nella policitemia vera.

Nel 40% dei pazienti, la diagnosi di PV è occasionale cioè sospettata sulla base di alterazioni emerse da un esame emocromocitometrico eseguito occasionalmente. In un paziente su cinque la malattia ha un esordio caratterizzato da complicanze vascolari di tipo trombotico o più raramente emorragico, quali infarto del miocardio, angina pectoris, ictus cerebri o TIA, Trombosi venosa profonda, emorragie del tratto gastroenterico. Più rare sono le trombosi dei seni venosi cerebrali e le trombosi splancniche. La PV è inoltre caratterizzata da segni clinici particolari come un colorito acceso del volto e delle mucose definito ERITROSI, o da disturbi funzionali del microcircolo quali cefalea, vertigini, ronzii, disturbi visivi, fenomeni Raynaud-simili, eritromelalgia (un senso di bruciore alle mani e ai piedi accompagnato da arrossamento e calore). Questi disturbi possono regredire rapidamente ed in modo definitivo con l’assunzione di piccole dosi di Aspirina per effetto della sua azione antiaggregante piastrinica. Un sintomo particolare è il prurito acquagenico cioè quel prurito generalizzato scatenato prevalentemente dal contatto con l’acqua. Una splenomegalia è presente nel 70% dei pazienti e l’epatomegalia nel 40%.

La diagnosi della PV viene eseguita seguendo i criteri codificati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) nel 2008: tali criteri basati su valutazioni cliniche, morfologiche, genetiche, molecolari sono distinti in PRINCIPALI e ADDIZIONALI.

I criteri principali sono:

– Hb > 18,5 g/dl (nel sesso maschile), >16,5 g/dl (nel sesso femminile o altra evidenza di aumentata massa eritrocitaria;

– Presenza della mutazione JAK2 (V617F) o altre mutazioni simili;

I criteri addizionali sono caratterizzati da:

– Ipercellularità con iperplasia trilineare allo studio midollare;

– Bassa Eritropoietina Sierica;

– Crescita spontanea di colonie eritroidi in vitro

La diagnosi necessita della presenza dei due criteri maggiori e di uno addizionale o di un criterio maggiore e di due addizionali.

La PV deve essere differenziata da altre forme di policitemia apparente o secondaria; la prima correlata ad obesità, perdita di liquidi, fumo, ipertensione può comprendere forme di diversa origine, come la Policitemia congenita familiare primitiva (PFCP) causata da una mutazione del recettore dell’Eritropietina, la Policitemia Chuvash descritta per la prima volta nella popolazione Chuvash della Russia centrale nel 1974, causata da una mutazione del gene Von Hippel Lindau (VHL), che controlla l’ossigenazione dei tessuti, le Emoglobinopatie ad alta affinità per l’ossigeno, responsabili di una minor cessione di ossigeno ai tessuti con conseguente incremento dell’eritropoietina sierica ed eritrocitosi compensatoria; la seconda comprende tutte le forme di ipoliglobulia indotte dall’ipossia e le forme secondarie ad inappropriata secrezione di eritropoietina da parte di neoplasie che possono essere diagnosticate attraverso un’accurata anamnesi, e accurati esami laboratoristici e clinici.

Esiste una forma di Policitemia idiopatica in cui non è possibile identificare alcuna causa secondaria o in cui i pazienti non presentano criteri evidenti per porre diagnosi di Policitemia Vera: in alcuni casi rappresentano condizioni fisiologiche estreme o fasi iniziali di Policitemia vera che impongono un’osservazione clinica prolungata e un atteggiamento terapeutico prudenziale.

La storia naturale della malattia è caratterizzata da una buona qualità di vita del paziente che può andare incontro a complicanze di tipo trombotico o emorragico o ad un’infrequente e tardiva trasformazione in Mielofibrosi idiopatica o Leucemia acuta.

Le trombosi rappresentano la causa più frequente di morbilità e mortalità e possono interessare vari distretti corporei dal miocardio (infarto) al tessuto cerebrale (ictus cerebri), dagli arti inferiori (TVP) ai vasi addominali, ai seni venosi cerebrali. Le complicanze emorragiche, piu’ frequenti nel territorio gastrointestinale, sono meno frequenti di quelle trombotiche.

Una complicanza che può svilupparsi tardivamente nel corso di PV è la Mielofibrosi che si manifesta con la comparsa di sintomi sistemici (febbre, calo ponderale, sudorazione notturna) e diminuzione dei valori di leucociti, piastrine, emoglobina. I criteri diagnostici, recentemente definiti da un gruppo di studio internazionale (IWG-MRT), necessitano della presenza dei due criteri maggiori e di almeno due criteri addizionali sottoelencati:

CRITERI MAGGIORI

* Precedente diagnosi di Policitemia Vera (sec. i criteri WHO);

* Fibrosi Midollare di grado II-III (sec. i criteri europei EUMNET, European Myelofibrosis Network).

CRITERI ADDIZIONALI

* Anemia oppure non necessità di Salasso o Chemioterapia;

* Screzio leuco-eritroblastico allo striscio periferico;

* Splenomegalia (aumento della milza di 5 cm dall’arcata costale; oppure comparsa di splenomegalia);

* Comparsa di almeno un sintomo sistemico (calo ponderale, sudorazioni notturne, febbre);

Possono considerarsi segni prognostici negativi un valore di Hb < 10,0 g/dl, o, durante il follow-up, la comparsa di uno de seguenti parametri: Hb < 10,0 g/dl, PLTS < 100.000; WBC > 30.000.

Anche se poco frequente, la Leucemia acuta rappresenta una possibile evoluzione tardiva della P.V (rischio cumulativo a 15 anni: 7%)

La terapia della P.V. ha come scopo principale quello di prevenire le complicanze emorragiche e trombotiche. La scelta terapeutica, che segue linee guida internazionali, si basa su una valutazione del rischio vascolare del paziente che viene definito ad alto rischio, in presenza di pregressa trombosi o di età superiore a 60 anni, o a basso rischio in assenza di questi fattori.

La risposta alla terapia viene valutata in base a criteri definiti recentemente a livello internazionale: viene definita una risposta completa il calo dell’Ematocrito < 45% senza salassi, delle piastrine < 400.000 e dei Globuli bianchi < 10.000 con scomparsa della Splenomegalia e dei sintomi sistemici laddove presenti; viene definita una risposta parziale nei pazienti che non hanno raggiunto una risposta completa: un Ematocrito < 45% senza salassi o risposta in 3 o più degli altri criteri; viene definita assenza di risposta: ogni risposta che non soddisfa i criteri di risposta parziale. Inoltre per ridurre il rischio trombotico è consigliabile, secondo i risultati di uno studio clinico europeo denominato ECLAP, un trattamento antiaggregante  con aspirina a basse dosi, che però è controindicato in pazienti con manifestazioni emorragiche o patologie gastrointestinali potenzialmente emorragiche.

Pazienti a basso rischio vascolare

* Età minore di 60 anni

* Assenza di precedenti problemi trombotici o emorragici

Terapia

* Salasso

* Aspirina a basse dosi se non controindicata

Pazienti ad alto rischio vascolare

* Età superiore a 60 anni

* Presenza di precedenti eventi trombotici

Terapia

* Idrossiurea

* Aspirina a basse dosi se non controindicata

SALASSO

Tale procedura, rimuovendo circa 450 cc di sangue per volta, permette di normalizzare rapidamente la massa eritrocitaria; all’esordio il salasso deve essere eseguito una o due volte a settimana fino al raggiungimento di un ematocrito < 45%.

IDROSSIUREA

Farmaco chemioterapico appartenente alla categoria degli antimetaboliti, viene somministrato alla dose iniziale di 1000-1500 mg/die. Consente un buon controllo delle complicanze vascolari e una buona qualità di vita dei pazienti.

INTERFERONE

Tale farmaco, indicato in prima linea secondo le linee guida europee non è però autorizzato in Italia per la cura della P.V. E’ un farmaco antiproliferativo che agisce sulla linea granulocitaria, megacariocitaria ed in minor misura su quella eritroide; consente un buon controllo della malattia e della sintomatologia sistemica nel 60-70% dei pazienti.

Un cenno meritano gli Studi sperimentali attualmente in corso che prevedono l’impiego di nuovi farmaci:

Protocollo CYTO-PV: Studio clinico volto a controllare l’efficacia delle terapie citoriduttive a diversa intensità con lo scopo di identificare il valore di ematocrito che espone il paziente a minor rischio di complicanze vascolari.

Protocollo INCB 18424-256: Studio clinico di fase 2, con dosaggio variabile che ha lo scopo di determinare l’efficacia e la sicurezza di INC424 in pazienti refrattari alla terapia con Idrossiurea. Questo studio utilizza un farmaco sperimentale JAK2-inibitore per il trattamento della PV o della Trombocitemia essenziale in stato avanzato e refrattarie alla terapia con Idrossiurea.

Protocollo RESPONSE  CINC424B230: Studio di fase III che prevede l’utilizzo di un farmaco sperimentale JAK2-inibitore per il trattamento della Policitemia Vera in fase avanzata refrattaria o intollerante alla terapia standard con Idrossiurea.

Viene definita resistenza/intolleranza all’Idrossiurea

1) Necessità di effettuare salassi per mantenere l’Ematocrito < 45% dopo 3 mesi di Idrossiurea al dosaggio di 2 g/die, oppure

2) Mieloproliferazione incontrollata dopo 3 mesi di Idrossiurea al dosaggio di almeno 2 g/die, oppure

3) Fallimento nel ridurre per più del 50% la splenomegalia massiva (organo che si estende per più di 10 cm dal margine costale), valutata mediante palpazione, oppure fallimento nell’eliminare completamente i sintomi correlati alla splenomegalia dopo 3 mesi di Idrossiurea al dosaggio di 2 g/die, oppure

4) Conta neutrofila assoluta < 1000/ml oppure conta piastrinica < 100.000 oppure livelli di Hb < 10 g/dl al più basso dosaggio di Idrossiurea richiesto per ottenere una risposta clinico-ematologica completa o parziale, oppure

5) Presenza di ulcere a livello degli arti inferiori o di altre tossicità non ematologiche inaccettabili e correlate alla terapia quali manifestazioni muco-cutanee, i sintomi GI, pneumoniti e febbre a qualsiasi dosaggio di Idrossiurea.

Questo excursus evidenzia il carattere cronico della patologia che comunque anche se non scevra da rischi trombo-emorragici consente al paziente di mantenere una buona qualità di vita.

Dott. Pietro Falco
Specialista in Ematologia Clinica
Master in Terapia del Dolore
Master in Ecografia Clinica

Co-responsabile Centro Trombosi F.C.S.A. “Casa di Cura S.Marco” di Latina
Specialista Ematologo Ospedale Israelitico di Roma.
Specialista Ematologo Poliambulatorio “Fisiomed” di Priverno (LT)

foto.dott.falco

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