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Sostanze attive sull’emopoiesi

Il breve ciclo vitale delle cellule ematiche mature ne impone la continua sostituzione, processo denominato EMOPOIESI. La produzione di nuove cellule deve rispondere sia al fabbisogno basale, sia a situazioni di aumentata richiesta. Per esempio, in risposta ad anemia o ipossia la produzione di emazie può aumentare di oltre cinque volte. La produzione di leuciti può aumentare in maniera drammatica in risposta ad un’infezione sistemica e la produzione di piastrine può aumentare notevolmente quando la loro distruzione provoca piastrinopenia.
La regolazione dell’Emopoiesi è complessa e coinvolge interazioni cellula con cellula nel microambiente midollare, oltre a fattori di crescita emopoietici e linfopoietici; molte di queste glicoproteine ormonosimili sono state identificate e caratterizzate e, con l’impiego della tecnologia del DNA ricombinante, ne sono stati clonati i geni: da qui la possibilità di produrle in quantità sufficienti all’impiego in terapia.
L’omeostasi del sistema emopoietico è controllata da una famiglia di glicoproteine denominate fattori di crescita (GF) o citochine capaci di stimolare e/o inibire la proliferazione, la differenziazione e la sopravvivenza delle cellule emopoietiche. L’attività regolatrice delle citochine viene svolta nei vari stadi di maturazione dell’emopoiesi, dagli elementi iniziali a quelli maturi; più di una citochina può essere attiva sul medesimo target cellulare, così come cellule appartenenti a differenti linee di differenziazione e con diverso grado di maturazione possono essere regolate dal medesimo GF.
– FATTORI DI CRESCITA EMOPOIETICI
Cenni storici. I moderni concetti sulla crescita e differenziazione delle cellule emopoietiche si sviluppano a partire dagli anni 50 con i lavori di studiosi come Jacobsen e Ford che dimostrarono il ruolo svolto dalle cellule spleniche e midollari nel ripristino del tessuto emopoietico in animali irradiati. Nel 1961, Till e McCulloch riuscirono a dimostrare che singole cellule emopoietiche erano in grado di formare noduli emopoietici macroscopici nella milza di topi irradiati. Le loro ricerche introdussero il concetto di cellule staminali formanti colonie (colony-forming stem cells) e condussero alla successiva dimostrazione del fatto che le cellule staminali presenti nel midollo osseo umano sono pluripotenti, ossia danno origine a granulociti, monociti, linfociti, megacariociti ed eritrociti.
Il ruolo dei fattori di crescita nell’emopoiesi fu delucidato da Bradley, Metcaf e altri utilizzando tecniche di cultura di midollo osseo. Furono anche isolati i singoli fattori di crescita e caratterizzate le loro cellule bersaglio; la cellula staminale pluripotente dà origine a progenitori “indirizzati” (committed) che possono essere identificati come singole unità formanti colonie, e a cellule progressivamente più differenziate.
L’esistenza di un fattore di crescita circolante che controlla l’emopoiesi fu inizialmente suggerita da esperimenti eseguiti all’inizio del secolo scorso (1906) da Carnot e Deflandre che osservarono un aumento del numero dei globuli rossi in conigli iniettati con siero proveniente da animali anemici, e si ipotizzò l’esistenza di un fattore denominato emopoietina. Solo negli anni 50 venne però definita l’origine e le azioni dell’ormone denominato eritropoietina.
Fisiologia dei fattori di crescita
Nello stato di equilibrio, l’mopoiesi comporta la produzione di più di 200 miliardi di cellule ematiche al giorno. Tale produzione è oggetto di una regolazione fine e, aumentando la domanda, la sua velocità può aumentare di parecchie volte. L’organo emopoietico ha un’altra singolarità, in quanto vari tipi cellulari maturi derivano da un esiguo numero di cellule staminali pluripotenti che si sono formate nei primi stadi della vita embrionaria e che sono capaci sia di mantenere stabile il proprio numero sia di differenziarsi sotto l’influenza di fattori cellulari e umorali producendo cellule emopoietiche e linfopoietiche.
La differenziazione delle cellule staminali può essere descritta come una serie di tappe che producono le cosiddette unità formanti aggregati (burst-forming units, BFU) e unità formanti colonie (colony-forming units, CFU) per ciascuna delle linee cellula principali. Benchè tali progenitori non siano morfologicamente riconoscibili come precursori di uno specifico tipo cellulare, essi sono capaci di un’ulteriore proliferazione e differenziazione, con incremento numerico di circa 30 volte. Successivamente, colonie cellulari distinte si formano sotto il controllo di un isieme di altri fattori di crescita che hanno attività strettamente interdipendenti.
I fattori di crescita emopoietici e linfopoietici sono prodotti da numerosi tessuti periferici e cellule midollari; essi sono glicoproteine attive a bassissime concentrazioni in genere su più di una linea cellulare committed. La maggior parte di essi mostra interazioni sinergiche con altri fattori di crescita e un effetto “di rete”, grazie al quale la stimolazione di una linea cellulare ad opera di un fattore di crescita induce la produzione di altri fattori. Infine i fattori di crescita esercitano la loro azione in corrispondenza di più punti del processo di proliferazione e differenziazione cellulare, e sulla funzione della cellula matura.
ERITROPOIETINA
Benchè l’Eritropoietina non sia l’unico fattore di crescita responsabile del’eritropoiesi, costituisce il più importante regolatore della proliferazione dei progenitori committed (BFU-E, CFU-E) e la sua assenza è invariabilmente legata alla comparsa di anemia grave. L’eritropoiesi è controllata da un meccanismo di feed-back molto sensibile, grazie al quale un sensore presente nel rene è in grado di individuare alterazioni dell’apporto di ossigeno e rispondere con un aumento della secrezione di eritropoietina che a sua volta stimola una rapida espansione dei progenitori eritroidi.
L’eritropoietina è prodotta essenzialmente dalle cellule interstiziali peritubulari del rene sotto il controllo di un singolo gene localizzato nell’uomo sul cromosoma 7. Il gene produce una proteina di 193 aminoacidi, dei quali i primi 27 vengono scissi durante la secrezione. Il peptide ormonale finale è altamente glicosilato e ha approssimativamente un peso molecolare di circa 30000 dalton. Una volta rilasciata, l’eritropoietina viene trasportata al midollo, dove si lega a un recettore di superficie sui precursori committed eritroidi e viene internalizzata. In presenza di anemia o ipossiemia, la sintesi renale di eritropoietina aumenta rapidamente di 100 volte o più, i livelli sierici di eritropoietina si alzano e la sopravvivenza, proliferazione e maturazione delle cellule progenitrici midollari viene fortemente stimolata. Questo sensibilissimo meccanismo di feed-back può interrotto in qualsiasi punto – da una nefropatia, da un danno al midollo o da una carenza di ferro o di vitamine essenziali. In pazienti con stati infiammatori o infettivi, la secrezione di eritropoietina, l’utilizzazione del ferro e la proliferazione dei precursori eritroidi sono tutte inibite dalle citochine infiammatorie.
L’eritropoietina umana ricombinante prodotta utilizzando una linea cellulare di mammifero è virtualmente identica all’ormone endogeno con piccole differenze nella porzione glucidica che non sembrano influire sulla cinetica, la potenza o l’immunoreattività. Comunque, l’effetto sui precursori del midollo è tale da rendere sufficienti non più di tre somministrazioni a settimana per ottenere una risposta adeguata. Non sono state associate a somministrazioni endovenose o sottocutanee di epoetina alfa reazioni allergiche clinicamente significative e non sono stati identificati anticorpi anche dopo somministarzioni prolungate.
Uso terapeutico
La terapia con eritropoietina ricombinante può essere estremamente efficace in numerose anemie specialmente quelle associate a scarsa risposta eritropoietica. Studi clinici hanno dimostrato una chiara relazione dose-risposta tra la dose di epoetina alfa e l’aumento dell’ematocrito nei pazienti anefrici con eliminazione della loro anemia ad alte dosi.
Le principali indicazioni all’uso dell’epoetina alfa sono:
-Anemia da insufficienza renale cronica
I pazienti affetti da Insufficienza renale cronica costituiscono il target ideale per somministrare tale farmaco. Essi devono essere strettamente controllati durante la terapia con aggiustamenti graduali del dosaggio del farmaco al fine di ottenere un aumento progressivo dell’ematocrito fino ad ottenere nel giro di 2-4 mesi un valore del 33-36%. Livelli superiori non sono raccomandati; studi clinici hanno infatti dimostrato un aumento di incidenza di infarti miocardici e morte per valori di ematocrito superiori al 40%. Inoltre il farmaco non dovrebbe mai essere somministrato al posto di trasfusioni di emergenza in pazienti che necessitino di un’immediata correzione di un’anemia che mette in pericolo la loro vita.
Il dosaggio iniziale del farmaco dovrebbe essere compreso tra 80 e 120 U/kg di farmaco da somministrare tre volte a settimana per via sottocutanea, che in base alla risposta può essere progressivamente aumentato. Il più comune effetto collaterale osservato durante la somministrazione di questo farmaco è il peggioramento dell’ipertensione osservato nel 20-30% dei pazienti e molto spesso associato ad aumento troppo rapido dell’ematocrito.
-Anemia in pazienti con AIDS
L’uso del farmaco è stato approvato nel trattamento dei pazienti con infezione da HIV con osservazione di eccellenti risposte alle dosi di 100-300 U/kg, somministrate per via sottocutanea tre volte a settimana in pazienti con anemia indotta da zidovudina, anche se negli stadi avanzati della malattia, con danni al midollo, la terapia risulta meno efficace.
-Anemie in pazienti con cancro
In questi pazienti la somministrazione di farmaco può ridurre la necessità di trasfusioni nei pazienti con cancro sottoposti a regime chemioterapico. Tale terapia è stata utilizzata per trattare pazienti con mieloma multiplo, con miglioramento sia dell’anemia sia del senso di benessere. Anche in questo caso il livello sierico dell’eritropoietina può aiutare a predire la risposta individuale.
-Chirurgia e donazione autologa di sangue
Anche questa indicazione è stata utilizzata per trattare l’anemia e ridurre il fabbisogno trasfusionale post intervento chirurgico anche se il beneficio potenziale è piccolo mentre il costo è considerevole.
Infine altra indicazione è la Mielodisplasia; i risultati finora acquisiti sembrano suggerire la possibilità di una risposta positiva nel 20% dei pazienti, riducendo il loro fabbisogno trasfusionale.
E’ possibile che la somministrazione di elevate dosi di EPO sia in grado di stimolare cellule eritroidi normali residue. Una dimostrazione a questo riguardo è fornita dall’osservazione della proliferazione di cellule eritroidi normali in pazienti affetti da Sindromi Mielodisplastiche portatori di anomalie citogenetiche ben definite, sottoposti a trattamento con EPO.
-FATTORI DI CRESCITA MIELOIDI
I fattori di crescita mieloidi sono glicoproteine e stimolano la proliferazione e la differenziazione di una o più linee cellulari mieloidi, potenziando la funzione dei granulociti e dei monociti maturi. Nell’organismo tali fattori di crescita sono prodotti da svariate cellule che comprendono fibroblasti, cellule endoteliali, macrofagi e linfociti T e sono attivi a bassissime concentrazioni. Tra questi dobbiamo ricordare: il fattore stimolante colonie minoacidi stimolante colonie di granulociti (G-CSF), la Trombopoietina.
Il primo fattore (GM-CSF) è capace i stimolare la proliferazione, la differenziazione e la funzione di diverse linee cellulari mieloidi e agisce sinergicamente con altri fattori di crescita, comprendente l’Eritropoietina, a livello delle BFU; inoltre potenzia la migrazione, la fagocitosi, la produzione di superossidi e la tossicità anticorpo dipendente cellulo-mediata di neutrofili, monociti, eosinofili. Il GM-CSF umano ricombinante (molgramostim prodotto da Escherichia coli) è una glicoproteina di 127 aminoacidi prodotta nel lievito ed è strutturalmente identico al fattore endogeno. La sua iniziale applicazione clinica si è avuta nei pazienti sottoposti a trapianto di midollo autologo: riducendo la durata della neutropenia, si riduceva in maniera significativa la morbilità da trapianto senza modificazioni della sopravvivenza a lungo termine nè rischio di indurre una recidiva precoce del processo neoplastico. Nel trapianto allogenico, anche se meno definito, il ruolo del fattore di crescita risulta meno incisivo sul ripristino dei neutrofili nei pazienti sottoposti a profilassi per GVHD e gli studi clinici non hanno evidenziato effetti significativi sulla mortalità peritrapiantologica, sulla sopravvivenza a lungo termine, sulla comparsa di GVHD o sulle recidive della malattia.
L’attività del G-CSF è più focalizzata: la sua azione è quella di stimolare la proliferazione, differenziazione e funzione delle linee granulocitarie ed è scarsamente attivo sui monociti, macrofagi ed eosinofili.
La forma ricombinante umana (filgrastim) è una glicoproteina di 175 aminoacidi prodotta in Escherichia coli che a differenza della forma naturale noin è glicosilata e contiene una metionina N-terminale supplementare. Essa consente di trattare la neutropenia grave conseguente a trapianto midollare e a chemioterapia ad alte dosi, riducendo il periodo di neutropenia grave e la morbilità secondaria ad infezioni batteriche e micotiche. Se usato come parte di un protocollo chemioterapico, consente di ridurre la frequenza delle ospedalizzazioni per neutropenia febbrile che delle interruzioni del protocollo chemioterapico. La terapia con filgrastim consente di aumentare il numero dei neutrofili con mielodisplasia o danno midollare (anemia aplastica di grado medio-grave o infiltrazione neoplastica del midollo); è inoltre utilizzato nei pazienti sottoposti a raccolta di cellule staminali dal sangue periferico e trapianto di cellule staminali. Esso stimola il rilascio di cellule progenitrici di CD34+ dal midollo, riducendo il numero di raccolte necessarie per il trapianto, il numero di giorni di trasfusioni di piastrine ed eritrociti e il numero di giorni di ospedalizzazione.
-TROMBOPOIETINA
La Megacariocitopoiesi è un articolato processo biologico che porta alla formazione delle piastrine circolanti e che si realizza nel microambiente midollare dove un ruolo importante è giocato dall’azione combinata di citochine e chemochine, e dalle interazioni con le cellule dello stroma midollare. I meccanismi regolatori di tale processo operano a livello della proliferazione, differenziazione e rilascio della piastrine.
La trombopoietina (TPO) è il principale regolatore della megacariocitopoiesi e della produzione finale di piastrine: essa svolge però un ruolo centrale anche nella sopravvivenza e proliferazione delle cellule staminali emopoietiche. A differenza dell’eritropoietina che viene prodotta in risposta ad uno stimolo ipossico, la produzione di TPO è di tipo costitutivo. I suoi livelli plasmatici sono regolati dall’assorbimento e dall’internalizzazione da parte delle cellule che esprimono i recettori mpl.
Il modello omeostatico correntemente accettato prevede una produzione costante di TPO da parte del fegato e che il livello di TPO circolante in forma libera (attiva) dipenda dalla quantità variabilmente legata ai recettori Mpl presenti sulla membrana dei megacariociti e delle piastrine. Il modello spiega almeno due situazioni cliniche: nell’anemia aplastica, in cui vi è riduzione di megacariociti e piastrine, il livello di TPO attiva aumenta stimolando la megacariocitopoiesi; nelle piastrinopenie immuni, ove la massa megacariocitaria è aumentata e la rimozione delle piastrine dal circolo è accelerata, gran parte della TPO si trova in forma legata (inattiva) e conseguentemente il livello di TPO libera è normale o ridotto nonostante la piastrinopenia.
Questo modello di regolazione della piastrinopoiesi non spiegherebbe l’assenza di correlazione inversa tra i livelli plasmatici di TPO e la massa piastrinica e megacariocitaria che si riscontra per esempio nelle trombocitosi reattive in cui si hanno livelli di TPO più alti di quelli attesi o nelle trombocitopenie in corso di epatopatia in cui la produzione è talora elevata.
A conclusione di questo breve excursus, possiamo affermare che la scoperta dei fattori che influenzano la normale emopoiesi ha portato ad importanti applicazioni nel trattamento dei pazienti affetti da carenze nella produzione delle cellule emopoietiche.
I progressi della tecnologia del DNA hanno portato alla sintesi e alla purificazione di proteine ricombinanti che possiedono in vivo attività biologiche simili e che sono utilizzati a scopo terapeutico per trattare stati carenziali emopoietici. La ricerca dovrà essere stimolata allo scopo di migliorare ulteriormente le applicazioni terapeutiche dei fattori di crescita.

Dott. Pietro Falco
Specialista in Ematologia Clinica
Master in Terapia del Dolore
Master in Ecografia Clinica

Co-responsabile Centro Trombosi F.C.S.A. “Centro Medical Pontino” di Latina
Specialista Ematologo Ospedale Israelitico di Roma.
Specialista Ematologo Poliambulatorio “Fisiomed” di Priverno (LT)

foto.dott.falco

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